Federalberghi lancia l’allarme. Mancano 200mila lavoratori stagionali tra cucina, sala, reception, addetti alle spiagge e molto altro. Per la nostra regione si parla di circa 7mila persone che mancano all’appello.

Il lavoro tipico dei giovani che, terminata la scuola, passavano al mare la loro estate, lavorando e faticando per guadagnare qualche soldo, sembra essere lontano nel tempo. Il motivo: i sussidi, concessi a pioggia, che fanno desistere anche i più volenterosi dal trascorrere al mare (o nelle strutture alberghiere in genere) le loro estati faticando.

Dall’altro lato si denunciano turni senza fine, paghe non commisurate alle ore svolte e lavoro in nero.

L’esperienza di Caterina, faentina di 27 anni che da cinque lavora in un bar durante la stagione estiva

Abbiamo incontrato Caterina, 27 anni, che da cinque lavora in un bar durante la stagione estiva.

«Ho iniziato nella frutta, poi mi è stato proposto di fare la barista: cocktail, panini, poco importa… mi si è sempre chiesto disponibilità ed elasticità, il resto l’ho imparato giorno dopo giorno». E intanto parliamo anche del resto della sua vita: «studio all’università e la stagione l’ho sempre vista come uno strumento per garantire un’entrata per pagare gli studi e non gravare sui miei genitori. O almeno avere una parvente “indipendenza economica”, anche se non la raggiungi certo con un lavoro del genere».

E dove ora lavora, ormai da cinque estati, è un appuntamento fisso: «non ho cercato altri posti: la paga è giusta, puntuale e regolare, e faccio sempre queste cose che ormai conosco bene. Inoltre dura il giusto, il tempo per poterlo fare senza alcun esaurimento». E ci racconta di altri amici i quali «in questo lavoro hanno riposto le loro speranze, il loro sogno di un futuro contratto più longevo, ma quasi tutti ne rimanevano delusi, se non a seguito di più o meno grandi colpi di fortuna più che di capacità».

Tra dieci anni Caterina non si vede più qui a fare cappuccini: «Qui c’è bisogno di elasticità, di correre, di adattarsi… io nel mio piccolo sono cresciuta. Chiudo la cassa, ho le chiavi del locale, faccio i conti a fine serata. Ma nessuno t’insegna nulla. Devi essere tu a costruire il tuo percorso».

E finiamo a parlare di dove sta la verità tra chi dice che i giovani non vogliono fare questi lavori e chi invece accusa i datori di lavoro: «La quasi barzelletta per cui oggi i giovani sono diventati degli scansafatiche indisponibili al lavoro è grottesca. Oggi si fa fatica a trovare stagionali perché, se una volta fare la stagione significava sacrificare alcuni mesi della propria vita (perché quando non hai giorno libero e devi essere costantemente disponibile ed elastico quello che succede e che tutto il resto viene sacrificato) per una paga che ti permetteva di vivere anche nei mesi successivi, o che comunque ti garantiva una disoccupazione dignitosa in quanto proporzionata alla retribuzione, oggi non è più così.

Allo stagionale vengono chiesti gli stessi sacrifici di sempre, ma senza una retribuzione che faccia dire che il gioco vale la candela. Bisogna rendere questa equazione più equilibrata e dignitosa».

Mattia Randi