Niente bilanci ma prospettive. Chi è arrivato lo scorso novembre ha ingranato. Chi è arrivato lo scorso 28 maggio, dopo la quarantena, lo sta facendo.

Stiamo parlando delle tre mamme eritree e dei loro quattro bimbi giunti lo scorso autunno tramite corridoi umanitari e accolti nella casa Ami a Fognano: a loro si sono aggiunte due giovanissime ragazze e una mamma col suo bimbo di nemmeno due anni. Sempre eritrei, sempre in fuga dalla dittatura del loro Paese e dalla disperazione dei campi profughi del Tigray: ora assaliti da eritrei ed etiopici.

Le prime tre mamme ora portano cuffietta bianca e grembiule: dopo il corso di pulizie, tenuto dalla scuola Pescarini e grazie all’associazione Sos Donna, stanno facendo un corso da sfoglina: tagliatelle e cappelletti già buoni, ma l’obiettivo sono le lasagne! Il corso è nell’ambito di un progetto attivato da alcune pastorali diocesane, finanziato dalla Cei e tenuto dalla scuola Cefal, poi andranno aiutate a trovare un lavoro perché possano rendersi autosufficienti e vivere in autonomia coi propri bambini.

I due bimbi grandi ora hanno la maglietta verde del Grest di Pieve Tho, entusiasti della scuola elementare e di questa nuova esperienza. Innamorati delle biciclette avute in regalo, della pizza e del tiramisù. La bimba veste preferibilmente di rosa, ama il gatto rosso dei vicini e ogni giorno, al ritorno dall’asilo, dice: «Domani ci torno a scuola, vero?».

Il piccolino (ex, perché ora c’è uno più piccolo ancora) frequenta da qualche mese il nido a Brisighella. Impazzisce per le automobili.

Per tutti loro, dopo la prima fase di accoglienza, faticosa perché ha dovuto fare i conti anche con le limitazioni imposte dalla pandemia (immaginate cosa può significare la dad per due bimbi che hanno cominciato la scuola a dicembre), ora inizia la seconda: il cammino verso l’autonomia: un piccolo lavoro e una sistemazione abitativa autonoma per ogni nucleo famigliare.

Per le nuove e il nuovo arrivato si è già rimesso in moto il programma di attività per la loro integrazione: lezioni di italiano cinque giorni la settimana, il cucito, attività manuali, partecipazione alle iniziative e proposte del territorio.

Una comunità educante

Per accogliere non basta una casa.

La loro presenza ha innescato una serie di presenze e di aiuti. L’accoglienza non è più solo dell’Ami, ma della parrocchia e della Caritas parrocchiale, della classe di catechismo, delle scuole, dei genitori dei compagni di scuola, degli scout, dei vicini, degli amici e, in definitiva, della nostra chiesa di Faenza. In collaborazione con la Caritas del Monticino si è attivato anche un corso di italiano aperto non solo alle nostre ragazze, ma anche ad altre signore straniere del paese indirizzateci dalla Caritas stessa. Questa collaborazione con la Caritas parrocchiale, gli scout della Val Lamone e l’interazione con donne anche di altre nazionalità potrebbe portare a sviluppare altre progettualità una volta terminato il corso di italiano.

Almeno quattro gruppi giovanili, della nostra diocesi e non, passeranno a farci visita durante l’estate e abbiamo in cantiere alcune iniziative sia per i bambini, sia per i giovani-adulti.

Nel frattempo le tre nuove ragazze arrivate dovranno poter avere le stesse opportunità formative delle prime: dopo gli iniziali corsi di italiano, ci si dovrà orientare verso la ricerca di corsi di formazione professionale, in linea con le necessità del territorio. È sempre più fondamentale una sinergia fra le diverse realtà. È confortante per noi cristiani vedere come un’accoglienza stia suscitando tanto bene e dedizione da parte di persone che spesso non conoscevamo, ma che si sono proposte nel dare una mano.

Isabella Matulli