Il 9 maggio 2021, festa dell’UE, si è svolta la cerimonia d’apertura della Conferenza sul Futuro dell’Europa, incaricata di riformare il progetto europeo.

La ricorrenza del 72° anniversario della Dichiarazione Schuman permette di tracciare un ponte tra quella lettera da cui nasce l’attuale Unione Europea, ed il suo futuro.

Il 9 maggio 1950 il ministro degli esteri francese, nato tedesco nell’attuale Lussemburgo, proponeva “realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”

Proprio questa “solidarietà di fatto” tra paesi europei è stata la chiave del successo del progetto europeo dal dopoguerra (produzione comune di carbone e acciaio) ad oggi, con il Recovery plan.

Il piano che finanzierà la ripresa europea, il cui primo beneficiario è l’Italia con quasi €210 miliardi, ed il piano SURE, con cui l’Italia ha pagato una parte della cassa integrazione, dimostra che oggi esiste una “solidarietà di fatto” trai paesi europei.

Infatti, se l’Olanda ha infine accettato il Recovery Plan, non è per simpatia o compassione verso il nostro paese. L’Olanda avrà pensato al fatto che la sua economia dipende dall’estero, dalle sue esportazioni verso gli altri paesi membri, da chi compra i tulipani Orange. Germania e Francia sono ben coscienti dell’interdipendenza di molte filiere produttive (auto, moda, alimentari, tra le altre) tra paesi membri, in particolare l’Italia.

La solidarietà tra nazioni nell’Ue è un dato di fatto, quasi una necessità

Insomma, la solidarietà, nel mercato comune europeo, è ormai un dato di fatto, quasi una necessità.

Tuttavia, oggi alcuni paesi aiutano gli altri sempre più controvoglia. In effetti, la solidarietà si basa anche sulla fiducia reciproca, che non può esistere senza il rispetto degli impegni presi, della parola data. E diciamo che l’affidabilità di alcuni Stati meridionali, negli ultimi anni, è scesa ai minimi storici.

La solidarietà non significa lasciarsi andare e contare sulla generosità altrui, ma anzi implica il dovere di ciascun paese di provare ad essere abbastanza forte per aiutare i membri più deboli.

Tra i 12 paesi europei dell’Est entrati a partire dal 2004, ci sono le economie più povere dei 27. Il loro ingresso nell’UE non è ancora ben metabolizzato. Molti infatti pensano che si sarebbe dovuto aspettare, perché questi paesi sono troppo diversi e che da quando sono arrivati loro, prendere decisioni comuni è diventato molto più difficile.

Non bisogna però dimenticare che è grazie all’UE se questi paesi, in gran parte ex-dittature comuniste, sono diventate e rimangono, quasi tutte, democrazie. Certo alcuni hanno approfittato dell’Europa e certamente i governi di Polonia ed Ungheria si stanno allontanando dai principi democratici e dai diritti fondamentali. Ma quello che sta succedendo nella vicina Ucraina, con una guerra civile ed intere regioni annesse dalla Russia, mostra cosa sarebbe potuto succedere se il blocco dell’Est fosse rimasto fuori dall’UE…

Purtroppo però, la nostra democrazia si mostra spesso fragile, incapace di decidere e una fetta non trascurabile della popolazione inizia a chiedersi se non siano meglio gli Orban o i Putin.

L’Unione Europea: da più di 70 anni un progetto di pace, un esempio vincente

L’UE, progetto di pace, democratico, protettore dei diritti umani, rappresenta un esempio vincente da più di 70 anni. Il miglior modo per contrastare l’idea dell’uomo solo al comando, di un sistema autoritario, è dimostrare che l’UE non è una democrazia inefficace, inconcludente, paralizzata dal diritto di veto.

Una democrazia forte e solidale come antidoto al nazionalismo ed al totalitarismo. Per questo, la Conferenza per il Futuro dell’Europa è chiamata a far cadere il diritto di veto.

Federico Patuelli