Alle elezioni, pochi ritenevano che Joe Biden sarebbe stato un presidente incisivo in grado di condurre un’attiva politica riformatrice. Lo si giudicava un “vecchio e logoro” professionista della politica americana, prescelto come male minore per ottenere il voto dell’elettorato tradizionale e nero sul candidato in grado di battere Trump. E, invece, Biden si sta dimostrando tutt’altro: un “presidente radicale” nel significato politico che diamo noi al concetto. Alla prova dei fatti, la sua direzione di marcia è tipica del riformatore democratico radicale pronto ad affrontare i nodi più controversi della società americana, senza la prudenza tipica dei precedenti. Se non quella dell’equilibrio dei poteri in presenza di un Congresso col Senato per metà repubblicano, e di una Corte Suprema controllata dai tradizionalisti. I nodi che Biden ha affrontato sono tra i più difficili del potere nazionale.

Di fronte al razzismo perdurante è stato fermo nell’auspicare un “giusto verdetto” nel processo per l’uccisione di Floyd, e ha commentato la sentenza di condanna: “Oggi abbiamo compiuto un passo avanti contro il razzismo sistemico che è una macchia per l’anima del nostro Paese” parlando alla nazione in diretta tv. Quindi sta cercando di far passare una legge di controllo del comportamento violento delle polizie (statali e locali).

Si è lanciato nella campagna ambientalista divenendo anche il leader dello schieramento internazionale per il controllo del clima, riconosciuto da indiani e cinesi.

In patria ha toccato interessi forti: le lobby delle armi, del tabacco, del petrolio e dell’industria pesante che sono sempre state agguerrite nel condizionare la politica e l’Amministrazione americana.

Inoltre ha ripreso la classica tradizione democratica di attenzione verso i ceti medi e popolari istituendo una tassazione sui redditi da capitale per finanziare, con l’American Family Plan, la sanità (questione irrisolta della nazione più ricca del mondo), l’educazione nei college, il welfare e le provvidenze per i poveri.

Ultima e più importante questione per la comunità internazionale è la richiesta di liberalizzare i brevetti sui vaccini anti Covid. “Questa è una crisi sanitaria globale e le circostanze straordinarie della pandemia COVID-19 richiedono misure straordinarie. L’Amministrazione Biden crede fermamente nella protezione della proprietà intellettuale, ma al servizio di porre fine a questa pandemia, sostiene la rinuncia a tali protezioni per i vaccini COVID-19 “, ha scritto in una dichiarazione la Rappresentante commerciale degli Stati Uniti Katherine Tai.

A me pare che la “sorpresa radicale” di Biden accosti il presidente Usa a due suoi predecessori democratici entrambi mossi da quel forte vigore che riappare in questi giorni: Il Franklin Delano Roosevelt del New Deal e John Fitzgerald Kennedy con la sua dottrina della “Nuova Frontiera”.

Tiziano Conti