La Commedia raccolta tra quattro mura. Entrando nella cappella laterale della chiesa di Santa Maria dell’Angelo si entra tra le pagine del viaggio dantesco. Cento tele che raffigurano i cento Canti, una cantica su ogni parete e sulla quarta il trionfo del volto di Dante che sovrasta maschere in terracotta nera rifinite d’oro. Questo il ritratto che l’artista Felice Nittolo, ceramista e mosaicista, ha dato dell’opera dantesca in occasione del settecentenario dalla morte del Poeta. Curata da Giovanni Gardini, vice direttore del Museo Diocesano, la mostra Dante è vivo resterà in esposizione fino al 18 giugno.
«Ho realizzato Dante è vivo dipingendo e lavorando in piena autonomia: la poesia della Commedia è sempre viva nel trascorrere del tempo. Le parole sono pietre eterne e sono guida alla fantasia», spiega l’autore.
«Nittolo in qualche modo ha redento i materiali di scarto facendoli diventare materia prima della sua opera», commenta il curatore Giovanni Gardini.
La mostra, ad ingresso libero, sarà visitabile fino al 18 giugno e poi viaggerà per la penisola
Tutto questo riproduce l’atmosfera dantesca e trasforma la letteratura in arte figurativa lasciando dominare il colore rosso, colore prescelto da Nittolo e in contrasto con il nero della terracotta delle maschere. A regnare non è solo il colore ma anche il silenzio. Un silenzio imposto dalle normative che impongono di entrare nella cappella in poche persone e che è forse la reazione più naturale dopo mesi in cui non è stato possibile visitare mostre. Questa assenza dell’arte dai musei e dal contatto con il pubblico è forse definitivamente destinata a finire. Proprio nel segno di questa speranza la mostra di Nittolo è una mostra itinerante che dopo il 18 giugno viaggerà per la penisola, un po’ come ha fatto Dante stesso. L’incontro col pubblico è fondamentale ed è fondamentale che avvenga dal vivo, con «la vibrazione di una presenza che cerca di tornare con cautela», come ha commentato il sindaco Massimo Isola all’inaugurazione, annunciando anche la lectio magistralis del professore e filologo Carlo Maria Ossola a settembre. L’augurio, condiviso anche da Nittolo, è quindi che l’arte non si fermi più e in questo spirito prossimamente verrà presentato anche un libro d’arte sulla sua opera nella stessa chiesa di Santa Maria dell’Angelo.
La mostra a ingresso libero sarà visitabile fino al 18 giugno il martedì dalle 10 alle 12,30 e dalle 16 alle 18,30, il giovedì dalle 10 alle 12,30 e il venerdì dalle 16,30 alle 18,30.
Maria Letizia Di Deco
Intervista a Felice Nittolo
Felice Nittolo è nato a Capriglia Irpina nel 1950. Ravennate per amore del mosaico, è uno dei principali artisti dell’arte musiva contemporanea. Nell’arco della sua oltre che trentennale ricerca artistica Nittolo si è imposto all’attenzione nazionale e internazionale con una serie di proposte fortemente provocatorie come l’Aritmismo (1984) e il manifesto della Nuova Tradizione (1992). Nittolo, pur difendendo l’autonomia del linguaggio musivo ha intuito le corrispondenze tra mosaico e teatro, musica e poesia.
Qual è il tratto distintivo delle sue opere
Il mosaico è l’ambito della mia specializzazione e nel corso degli anni ho portato avanti una battaglia silenziosa per far sì che il mosaico non fosse più considerato come un’arte minore. Durante la mia carriera artistica ho voluto confrontarmi con la scena artistica internazionale mostrando che il mosaico può essere realizzato anche non seguendo canoni ben precisi. Ho pubblicato un libro Tessere dove in copertina è mostrata la mia “cifra stilistica”, cioè un taglio particolare che ho voluto dare alla tessera del mosaico che, anziché essere quadrata o rettangolare, è larga alla base e si assottiglia verso la punta come fosse una pennellata; questo particolare segno lo si può ritrovare anche nelle mie recenti opere sulla Commedia.
Perché ha scelto di rappresentare nelle sue opere proprio la Commedia di Dante Alighieri?
Ho concepito questo progetto quattro o cinque anni fa e l’ho realizzato nell’arco di tre anni: nel 2018 il Paradiso, nel 2019 il Purgatorio e nel 2020 l’Inferno. L’idea di creare un progetto sulla Divina Commedia è nata durante la partecipazione ad uno dei numerosi convegni sulla vita di Dante. Da qui alcune considerazioni: Dante sicuramente ammirò i mosaici dei monumenti di Ravenna come quelli del Mausoleo di Galla Placidia o della Basilica di San Vitale. Mentre leggevo la Commedia mi sono accorto che nella mia mente associavo a luoghi o edifici i versi che più mi coinvolgevano.
Prendendo quindi in esame un verso per ogni canto mi sono addentrato nelle parole di Dante Alighieri immaginando che il poeta potesse essere stato ispirato da quelle immagini musive. Oltre ai mosaici di Ravenna vi sono riferimenti anche ai mosaici di Venezia, Roma, Firenze. Potrei dunque definire il mio progetto errante, come d’altronde è stata errante la vita di Dante.
Nelle cento opere sulla Divina Commedia ci sono numerosi dettagli. Che significato hanno?
Ho usato prevalentemente il colore rosso (fuoco, fecondità, ricchezza, vivacità, potenza, virilità, eccitazione, sangue, passionalità, creatività…). Nell’inferno al colore rosso si aggiunge il nero in segno di tenebre e oscurità, inoltre un cono di terracotta col vertice volto in basso evoca i gironi. Nel Purgatorio al colore rosso si aggiunge un colore composto come il viola, il riferimento è al porpora dei mosaici, a indicare il passaggio intermedio tra il buio dell’inferno e la luce del Paradiso. Nel Paradiso insieme al vetro sboccia la luce dell’oro, allegoria di un viaggio che porta l’uomo all’incontro con Dio. Ogni opera si identifica con il verso della Cantica a cui si riferisce. Il verso è ricamato con lettere singole come fossero tessere musive.
Il volto di Dante è incorniciato da maschere in terracotta nera e oro: ci può spiegare meglio di che cosa si tratta?
Durante la pandemia ho realizzato maschere di terra nera con visi martoriati. L’idea di realizzarle è nata in occasione del transito dei camion delle vittime del Covid. Anch’io in quel periodo stavo vivendo un momento particolarmente difficile. Le maschere rappresentano la grande sofferenza dell’uomo di fronte ad un evento così devastante. E’ come un Inferno Contemporaneo.
Perché nel rappresentare questa drammaticità nelle maschere ha inserito degli elementi oro o argento?
Questi intarsi argentati o dorati simboleggiano la speranza di poter uscire da questa situazione pandemica.
A cura di Valentina Dalfiume e Marta Marini studentesse della Facoltà di Beni Culturali e tirocinanti presso il Museo Diocesano di Faenza