Le persone al centro, il bene comune non come attività accessoria, ma fondamento della propria identità. Luciano Caroli è presidente della Caroli Giovanni srl e socio faentino dell’Ucid Ravenna-Imola (Unione cristiana imprenditori dirigenti). Con lui approfondiamo il ruolo di un’azienda e di un imprenditore in questo tempo complesso.

Intervista a Luciano Caroli

Luciano, come avete vissuto quest’anno di pandemia come imprenditori Ucid?

Questo tempo ci ha messo di fronte a riflessioni profonde sul modo di condurre un’azienda e su quali strategie attivare per superare le sfide della pandemia. Il Covid-19 ha portato uno scenario al quale non eravamo preparati. La paura che possiamo avere di fronte a questo nuovo contesto non ci deve però fermare. Anzi, è proprio adesso il tempo di avere coraggio. Riprendendo le parole del Papa nella Fratelli tutti, è evidente come queste sfide non si superino da soli. Come imprenditori non ci dobbiamo fermare e dobbiamo ancor più di prima prestare attenzione alla cura degli altri e del bene comune. Se ne esce solo rimettendo al centro le persone. Per superare la pandemia ci sarà bisogno delle capacità di ciascuno di noi e del valore di ogni singola persona: questo vale sia all’interno delle nostre famiglie sia dentro le nostre aziende.

Che cosa avete attivato nella vostra impresa per far fronte all’emergenza?

In primo luogo tutte le precauzioni possibili per tutelare la salute. Al termine della scorsa estate, poi, abbiamo rivisto il nostro sistema software e hardware: ogni operatore ora dispone di un portatile, grazie al quale è possibile lavorare da casa o da remoto, per venire incontro alle nuove esigenze. Abbiamo poi messo in campo, sia l’anno scorso che quest’anno, percorsi di formazione che avevano per tema “le relazioni” che hanno coinvolto tutto il personale.

Una delle capacità che ci chiede questo tempo è quella di mettersi in ascolto. Quali sono le difficoltà maggiori riscontrate dai lavoratori?

Oltre a difficoltà specifiche, ho riscontrato tanta preoccupazione nella gestione della vita quotidiana, in famiglia. Si va da chi deve occuparsi di bimbi piccoli a chi deve accudire genitori anziani. Quello che secondo me l’azienda può fornire in questi contesti è una sorta di sicurezza, un punto di riferimento. L’ambiente di lavoro può essere anche un luogo di confronto. Da qui, il percorso di formazione a cui accennavo prima, incentrato sul tema “Fare la differenza costruendo valore interno ed esterno”. Creare un ambiente collaborativo ha ripercussioni positive nell’attività e aiuta ad affrontare in maniera diversa le difficoltà che ognuno di noi vive.

Come concorre un imprenditore al bene comune?

Per citare un percorso concreto, abbiamo attivato le operazioni per diventare società benefit. Parto da una premessa: per società benefit non si intende un’azienda che, occasionalmente, compie qualche buona azione di valore sociale. La prospettiva è diversa: l’essere società benefit è legata all’essenza stessa della propria identità. La parola chiave è dunque la parola ‘responsabilità’: verso i lavoratori ma anche verso il territorio e alla nostra casa comune. Da qui il discorso potrebbe essere molto ampio, mi limito a dire che l’azienda è guidata da dei valori precisi, non negoziabili, e l’utile non è l’unico obiettivo. Si ha una funzione sociale, condivisa da tutti.

Come rigenerare oggi un pensiero nuovo sul mondo del lavoro?

Questo periodo ci ha messo di fronte al fatto che la ripresa non dovrà seguire i vecchi schemi, ma operare una vera rigenerazione. Dovremo avere il coraggio di riconsiderare il significato di cosa vuol dire fare impresa. In Romagna, per restare nel nostro territorio, c’è ancora la mentalità imprenditoriale del “fare tutto da soli”. Si ha paura di lavorare in rete, mentre questo tempo ci chiede di aprire le nostre logiche aziendali e confrontarci con altri, creando sinergie e relazioni.

a cura di Samuele Marchi