Duecentoquaranta anni fa, esattamente alle 21,10 del 4 aprile 1781, la città di Faenza ed i territori limitrofi furono colpiti dalla scossa sismica più intensa e devastante di cui ci sia pervenuta memoria. Si trattò del culmine di uno sciame tellurico che preoccupava i faentini fin dall’anno precedente e che gli esperti di sismologia storica, sulla base delle fonti coeve e con la dovuta approssimazione trattandosi di valutazioni relative ad epoca prestrumentale, stimano di magnitudo momento 6,12, (di poco inferiore al terremoto di Amatrice del 2016) e collocano come epicentro nella zona grosso modo compresa fra Faenza e Brisighella.

La mattina del 5 aprile si constatò la gravità delle distruzioni operate dal sisma, peraltro ben documentate da diverse relazioni e perizie, ancora conservate negli archivi locali e romani. Tuttavia, a fronte delle ingenti devastazioni, il numero delle vittime risultò alquanto contenuto e nella città di Faenza si riscontrò un solo decesso. Il fatto venne immediatamente interpretato come miracoloso ed in Cattedrale si scoprì l’immagine della B.V. delle Grazie (si tenga presente che in passato era abitualmente coperta e veniva resa visibile solamente il giorno della festa ed in circostanze calamitose od eccezionali), mentre il vescovo Vitale Giuseppe de Buoi dispose che la festa di maggio si celebrasse con particolare solennità ed incaricò il cancelliere vescovile di avviare un regolare processo per raccogliere fatti e testimonianze.

Ma le scosse non terminavano, tanto che l’11 luglio se ne avvertì una molto forte che indusse il vescovo a trasferire l’immagine della Madonna delle Grazie fuori dalla Cattedrale, nell’attuale piazza XI febbraio, dove si officiò per circa due settimane in un altare provvisorio nel punto ancora oggi ricordato da una icona che campeggia sul muro esterno del palazzo più alto. La decisione si rivelò saggia, poiché nella mattinata del 17 luglio, durante la celebrazione eucaristica, la terra ritornò a tremare con un’altra forte scossa e, a pericolo scampato, vennero per la seconda volta offerte alla B.V. delle Grazie le chiavi della città in atto simbolico di sottomissione. 

Tutte le repliche non raggiunsero mai l’intensità della scossa del 4 aprile, ragion per cui il 20 maggio 1781 l’Amministrazione Civica decretò che, in segno di gratitudine alla Madonna, il 4 aprile di ogni anno e per i cinquanta successivi si celebrasse a pubbliche spese una cerimonia solenne per la grazia concessa alla città di Faenza. Fu così introdotta la “Festa del voto”, che si iniziò ad officiare il 4 aprile 1782 e che ancora oggi ci troviamo a proseguire.  

Se antica è la venerazione alla Madonna delle Grazie contro i pericoli del terremoto (già la città si rivolse a lei in occasione sciame sismico dell’aprile-maggio 1688, fino all’anno 2000, quando la sequenza tellurica che ogni giorno tormentava il Faentino ed il Forlivese si interruppe proprio all’antivigilia della sua festa), ancora di più è quella contro le epidemie a partire dal secondo decennio del XV secolo, fino alla peste cosiddetta “del Manzoni” del 1630, fino al colera nel XIX secolo, all’influenza spagnola nel XX secolo ed ora al Covid.

Da sei secoli i faentini dimostrano un’incrollabile fiducia nell’intercessione, protezione e consolazione di Maria Santissima, che venerano con il titolo assai pregnante di Madre della Grazie, raffigurata mediante il bellissimo motivo iconografico delle mani aperte che stringono le frecce spezzate, rappresentazione delle punizioni divine che Lei, nostra madre, ci risparmia per sua intercessione (nell’immagine originale le frecce spezzate non si leggono più, dal momento che il muro su cui è dipinta venne ridotto in epoca successiva). 

Piace notare come tutte le nostre città siano costellate da chiese, monumenti ed opere votive erette ad onore e ringraziamento alla Madonna, che la pietà popolare, nel corso dei secoli, ha invocato con innumerevoli titoli di protezione dagli eventi calamitosi. Così è stato anche a Faenza e per rendersene conto basterà leggere in questa cappella le testimonianze della riconoscenza della città verso la sua Celeste Patrona, a partire dalle chiavi poste sopra l’immagine offerte ben due volte, fino alle lampade votive ed allo stendardo offerto dalla città di Varsavia per la liberazione dalla peste pendente dalla cupola centrale. 

L’incrollabile fede dei faentini verso la Madonna delle Grazie è peraltro sempre stata riconosciuta e manifestata da quei concittadini che hanno rivestito le cariche civiche di rappresentanza nel corso dei secoli. Così, nell’odierna ricorrenza, vogliamo fare memoria anche di tutti coloro che, a diverso titolo, si sono adoperati per il bene della comunità loro affidata. 

Si è detto all’inizio che la data del voto fu fissata il 4 aprile, che quest’anno è stata trasferita ad oggi a causa della concomitanza con il giorno della Pasqua. Così il trovarci nella Ottava di Pasqua, quella settimana in cui la Chiesa continua a celebrarla con particolare gioia, fornisce altresì lo spunto per associare Maria al mistero pasquale. Come ha ribadito san Giovanni Paolo II nel corso della catechesi Maria e la risurrezione di Cristodel 21 maggio 1997, «il carattere unico e speciale della presenza della Vergine sul Calvario e la sua perfetta unione con il Figlio nella sofferenza della Croce, sembrano postulare una sua particolarissima partecipazione al mistero della risurrezione […]. La Vergine Santissima è probabilmente stata testimone privilegiata anche della risurrezione di Cristo, completando in tal modo la sua partecipazione a tutti i momenti essenziali del Mistero pasquale. Accogliendo Gesù risorto, Maria è inoltre segno ed anticipazione dell’umanità, che spera nel raggiungimento della sua piena realizzazione mediante la risurrezione dai morti».

Affidarci totalmente alla Madonna delle Grazie in questa giornata del voto, così come fecero i nostri antenati 240 anni fa, ci ricorda che la devozione verso di lei costituisce una bellissima e suggestiva linea di continuità che unisce le ansie, sofferenze e gioie di noi faentini nell’arco di questi sei secoli. E con questo stesso spirito fiducioso affidiamo alla sua materna protezione tutte le vittime del Covid, certi della loro resurrezione in Cristo. 

Marco Mazzotti