Il Piccolo è stato nella mia vita, ormai lunga, un prezioso compagno di viaggio; per un certo periodo, quello degli studi universitari, nei primi anni ’60, quando ne fu direttore il nostro indimenticato assistente della FUCI, don Remo Babini, ne fui anche costante collaboratrice. Oggi ne sono una fedele abbonata e mi piace anche impegnarmi per la sua “promozione” presso parenti, amici e conoscenti.

Già da qualche tempo ero venuta a conoscenza del progetto di coinvolgere le redazioni dei tre settimanali diocesani romagnoli (il Piccolo di Faenza, il Risveglio di Ravenna e il Corriere Cesenate di Cesena) in una concreta collaborazione al fine di realizzare un unico “prodotto editoriale”. All’inizio, come succede spesso agli anziani di fronte ad una novità, pensai che poteva esserci il rischio di un impoverimento dei contenuti legati alle singole realtà diocesane e della perdita della propria identità. Presto rintuzzai questi timori, certa, come lo sono sempre stata sia nella mia attività di insegnante sia nella mia vita privata, che “l’unione fa la forza”, che la collaborazione arricchisce di nuove risorse tutti i componenti del gruppo che la mette in atto ed allarga gli orizzonti con nuove prospettive del tutto impreviste in una visione solo individuale della vita e del mondo.

Il giornale è di per se stesso uno strumento efficace di socializzazione, perché mette il lettore in comunicazione con persone, eventi, opinioni, riflessioni che appartengono a realtà distanti nello spazio e/o nel tempo. Se poi gli apporti alla sua realizzazione provengono da più fonti ed esso è il risultato di un lavoro basato sull’interazione di più contesti territoriali, non può che esservi un potenziamento della sua capacità di favorire e allargare i rapporti sociali.

Quando mi è arrivata la copia del neonato nuovo “il Piccolo”, ero curiosa di prenderne visione e subito ho letto l’editoriale di Francesco Zanotti e i due articoli di Samuele Marchi e di Daniela Verlicchi, tre testi che motivano la scelta del nuovo progetto e ne raccontano le fasi di attuazione. Ho percepito immediatamente l’autenticità dell’entusiasmo degli autori, la profondità del loro coinvolgimento, l’energia non solo interiore da loro profusa per il successo di questa innovazione. Ho poi esaminato con attenzione le altre pagine del settimanale e ho anche constatato con sollievo che la Pagina aperta, a cura di Mario Gurioli, amata dai lettori di tutte le età, perché riporta alla memoria o fa conoscere ex novo usanze, tradizioni, storie, espressioni dialettali, modi di dire che appartengono ad un passato in cui affondano le nostre radici, era nella sua solita collocazione.

La veste grafica mi è sembrata accattivante e tale da rendere facile e veloce la “presa visione” dei contenuti, che sono tali da fornirci tante utili informazioni sul nostro territorio e sul mondo intero. Gli articoli non affrontano solo argomenti ecclesiali, ma spaziano su varie tematiche di attualità e di interesse generale. Questa caratteristica rende il settimanale uno strumento di informazione valido per varie tipologie di lettori. Naturalmente – e cito il motto di “Famiglia Cristiana” – “I fatti mai separati dai valori”. La visione infatti di vicende, personaggi, comportamenti ecc., se ispirata ai valori cristiani, fa diventare l’informazione formazione. Si tratta allora di una vera e propria pastorale, che non è solo destinata al gregge dei credenti, ma anche alla pecorella lontana.

Ho interpellato mia figlia Claudia Baldassari, che vive e lavora a Roma ed è affezionata abbonata del Piccolo da quando si è trasferita nella capitale. Il settimanale diocesano è per lei un ponte che la unisce alla sua comunità di origine, alla famiglia e ai tanti amici.

Claudia ha già ricevuto il nuovo Piccolo e ne ha avuto un’impressione positiva, convinta anche lei che una innovazione preparata con tanto impegno, con tanta professionalità, con tanto spirito di partecipazione, con tanta fiducia nella collaborazione (ci si salva solo insieme!) non possa avere che un ottimo risultato.

Rosalba Rafuzzi Baldassari