Al centro ci sono loro, bambini e ragazzi. Coloro che più di altri stanno soffrendo la pandemia. Eppure non si può dare loro il giusto supporto se non lo si dà anche alle loro famiglie. Incontri formativi, spazi d’ascolto, proposte di attività. Sono queste alcune delle misure che ha messo in campo la Fondazione Marri Sant’Umiltà per venire incontro alle nuove esigenze delle famiglie. Per conoscere le iniziative della scuola, abbiamo contattato Paola Babini, responsabile dello spazio d’ascolto rivolto a studenti e famiglie.
L’intervista a Paola Babini
Quali difficoltà si sono trovati ad affrontare i genitori?
Di vario tipo, differenti a seconda dell’età dei figli. Nel complesso, tanti bisogni educativi, che normalmente potevano essere supportati da docenti ed educatori nel contesto scolastico, hanno generato difficoltà nel momento in cui genitori sono diventati gli unici riferimenti dei propri figli e si sono trovati a gestire un carico maggiore. La pandemia ha influito in tanti aspetti della vita dei bambini: per quanto riguarda i più piccoli, si spazia dalla gestione dei capricci alle problematiche relative all’alimentazione e al sonno. Quelli più grandi invece hanno difficoltà legate all’ansia e alla gestione della rabbia.
Da qui la necessità di fornire nuove risposte.
L’attenzione al dialogo con le famiglie è un punto imprescindibile della Fondazione Marri, e questo già prima della pandemia. Nello specifico, per quanto riguarda l’ultimo periodo, il sostegno alle famiglie ha coinvolto diversi aspetti, non solo quello psicologico ma anche, per esempio, quello dell’organizzazione di una nuova routine. Fondamentale è stato il ruolo dello spazio d’ascolto, rivolto sia agli alunni sia alle famiglie.
Ci sono stati aumenti delle richieste dello spazio d’ascolto?
Nell’ultimo periodo sono aumentate, come se in questi ultimi mesi i genitori avessero accumulato tanta fatica. Questo è un dato da non sottovalutare. Lo spazio d’ascolto è continuato anche in modalità online, per aiutare i genitori che hanno sentito più forti le difficoltà. Assieme alle famiglie, si cerca di capire insieme quali strade si possono intraprendere, mettendo insieme professionalità diverse e individuando i sostegni psicologici e didattici più adeguati, facendo rete all’interno dell’istituto. Anche in modalità a distanza, si è riusciti a instaurare relazioni di vicinanza. Diversi genitori mi hanno detto che tramite gli incontri settimanali non si sono sentiti soli. Una frase solo in apparenza banale.
E per quanto riguarda famiglie con figli con disabilità?
Parto dal confronto con l’anno scorso. Nel primo lockdown non c’era possibilità di attività in presenza, e questo ha creato molti disagi. Quest’anno invece è stato possibile fornire un accompagnamento nel tempo di chiusura delle scuole, ed è stato un tempo molto importante con risvolti positivi.
A livello di iniziative formative per i genitori cosa avete proposto?
Diversi incontri online. Il primo aveva per tema la resilienza, ed è stato condotto da don Michele Morandi e dalla dottoressa Alice Cicognani. Il secondo ha avuto come relatore lo psicologo Michele Piga, su giovani e nuove tecnologie. È in programma un terzo incontro che sarà dedicato alla vita all’aria aperta come risorsa.
Come vedi invece gli alunni rientrati a scuola?
C’è differenza nel reagire alla situazione. Gli alunni della Primaria, e ancor più la fascia 0-6, si adattano velocemente ai cambiamenti. È più difficile per gli adolescenti. Inoltre non si deve fare l’errore di pensare che, una volta rientrati a scuola, i problemi siano superati. I ragazzi hanno bisogno di tempo per adattarsi al nuovo contesto di ritorno a scuola. Penso per esempio all’adattamento del ciclo sonno-veglia, che cambia totalmente dal periodo Dad a quello in presenza.
Samuele Marchi