Mentre anche Faenza sta cercando di mettere in campo un “cambio di passo” per quanto riguarda le vaccinazioni, con il dottor Gian Antonio Bianchedi, medico di Medicina generale e incaricato alla Pastorale della Salute in Diocesi, approfondiamo la situazione sanitaria, i segni di speranza che emergono da questo tempo complesso e come vivere la Pasqua nel contesto della pandemia. 

Intervista al medico Gian Antonio Bianchedi, incaricato alla Pastorale della Salute

Come è cambiato il tuo lavoro in questi mesi? 

Senza entrare nell’organizzazione dell’attività ambulatoriale e delle visite domiciliari, penso che sia cambiato il rapporto di vicinanza con il paziente. L’uso delle mascherine, dei camici, degli occhiali di protezione, la paura dei pazienti di essere infettati, diminuiscono quella vicinanza che è sempre stata nostra prerogativa. Di contro è aumentata l’attività al domicilio e il lavoro tramite telefono o app, soprattutto con i più giovani.

Quali sono le sfide maggiori che incontri? 

Direi che, come tutti i miei colleghi, è aumentato il lavoro burocratico legato alla gestione dei pazienti in isolamento e in quarantena che sono da seguire giornalmente per arrivare prima possibile a capire se si aggravano e per intercettare i contatti stretti dei positivi, per ridurre il più possibile gli eventuali contagi. In questo periodo però, dove molto della sanità è rivolta alla pandemia, risulta più difficile seguire tutte le altre patologie, più o meno gravi, sia perché i pazienti per paura di infettarsi, non vogliono andare a fare gli accertamenti in ospedale, sia perché si sono ridotti i posti per le visite specialistiche nonostante i grandi sforzi.

Come procede la vaccinazione della popolazione? 

Questo bisogna chiederlo a chi se ne occupa a livello aziendale, io vedo lo sforzo e le risorse messe in campo, ma penso che fino a ora siano veramente mancati i vaccini come numero di dosi. Oggi, in base all’aumento delle chiamate da parte dei pazienti che chiedono informazioni sulle modalità per la vaccinazione, mi sembra che la macchina si muova più velocemente. Sabato scorso hanno quasi quadruplicato il numero delle vaccinazioni, questo fa ben sperare. Sicuramente c’è il problema di decidere chi vaccinare prima di altri. Purtroppo, a parte l’ordine di età, non è facile stabilire quali siano le categorie più fragili. Ci vuole pazienza, ma penso che arriveranno a chiamare tutti. Rimane poi il problema di chi non vuole vaccinarsi. È chiaro che non è obbligatorio vaccinarsi, ma concordo con i sanitari che si vaccinano sia per non ammalarsi, sia per non essere causa di infezione verso i pazienti. Concordo con papa Francesco quando dice “Io credo che eticamente tutti debbano prendere il vaccino, è un’opzione etica, perché tu ti giochi la salute, la vita, ma ti giochi anche la vita di altri”. 

Come ha giudicato la vicenda legata ad Astra Zeneca? Sono stati fatti degli errori di comunicazione? 

Penso che si dovrà aspettare un po’ prima di poter capire meglio riguardo a questa vicenda. Sicuramente non c’è stata una buona comunicazione da parte dei media, e direi a volte anche da parte di chi prende le decisioni. Purtroppo i vaccini oggi sembrano l’unica via per farci uscire da questa situazione, e come succede per tutti i farmaci il rischio zero non esiste, neanche per gli altri tipi di vaccini. Quindi penso che sia necessario farsi vaccinare, per il bene nostro e di chi ci sta vicino. In questo momento ci viene dato un grande insegnamento dagli anziani e dai giovani. Vedo che sono tra i più decisi a vaccinarsi, probabilmente perché sentono di più la mancanza della socialità. Tutta questa solitudine può terminare prima se collaboriamo tutti insieme, osservando le regole che ci vengono date e vaccinandoci. 

Realisticamente, cosa ci aspetta nei prossimi mesi? 

Mi aspetto un aumento della velocità di vaccinazione e anche di una maggiore consapevolezza da parte della popolazione che vaccinarsi è un’azione che è necessaria per salvaguardare tutti e soprattutto i più fragili.

Nonostante le difficoltà, ci sono episodi che hai vissuto che ti hanno dato la forza di andare avanti? 

Ogni giorno vedo persone che spendono la propria vita per il prossimo, a iniziare dagli ospedali in queste settimane sotto pressione. Mi accorgo che molte persone tramite il volontariato si spendono per aiutare gli altri. Ogni giorno imparo cosa vuole dire amare. La dedizione con cui ci si prende cura dell’ammalato, dell’anziano, del più fragile. Sono immagini di vero amore che mi fanno capire come l’uomo è veramente capace di grandi cose e mi rendono meno pesante questo momento di stanchezza fisica e mentale.

La Pasqua come segno di speranza e di amore verso i nostri fratelli

Che risposta ti sei dato, come credente, alla pandemia e al dolore che ha portato? 

Come tutti penso al dolore senza riuscire a dare una risposta esauriente a questo mistero. Guardo al Padre e mi immagino che stia soffrendo con noi di questa situazione. Il mondo in cui viviamo non è perfetto e purtroppo le malattie esistono. Rimane un mistero la sofferenza, che ha sperimentato anche Gesù nella sua passione. Passione accettata per Amore verso il Padre e verso i suoi fratelli cioè noi. In questo periodo penso che posso decidere se essere vicino al prossimo come a un fratello, oppure pensare solo alle mie difficoltà. L’enciclica “Fratelli Tutti” di papa Francesco ci richiama a vivere questo evento storico come esperienza per imparare a “far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità”.

Che auspicio hai per questa Pasqua?

La Pasqua è segno di speranza, Cristo ha vinto la morte. Sicuramente non ci ha abbandonato, anche se in questo momento pensando all’episodio della tempesta sedata  mi viene da pensare un po’ come gli apostoli che svegliarono il Signore che dormiva dicendo: «Maestro, non t’importa che moriamo?», e la Sua risposta dopo aver calmato il vento: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”, ecco auguro a tutti di non perdere la fede in Dio Padre, consapevoli che Lui ha fiducia in noi tutti e ci sarà sempre vicino.