Presentata ieri a Cesena la “Rete di Trieste” in Romagna
Una rete «nata dal basso e fatta di sindaci, assessori, consiglieri comunali presenti lo scorso anno a Trieste, alla Settimana sociale dei cattolici italiani, e cresciuta a dismisura, allargandosi all’associazionismo e a tante realtà». Così Camillo Acerbi, assessore comunale a Cesena, ha presentato ieri la “Rete di Trieste” in Romagna.
«Gli amministratori possono trovare nella comunità cristiana uno spazio di dialogo, nonostante le divisioni, illuminati dalla Dottrina sociale della Chiesa – ha detto il direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro Marco Castagnoli -. A loro faccio un augurio, citando il titolo di un libro di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, l’augurio di “Dare un’anima alla politica”. La speranza è che il lavoro di rete si traduca, a livello locale, in atti concreti».
Il livello regionale
Gian Marco De Biase, organizzatore regionale per l’Emilia-Romagna e consigliere comunale a Bologna, ha introdotto l’argomento con realismo: «Non sono tra i fondatori della Rete. Anzi, a dirla tutta ero scettico, temevo fosse una stampella di una parte politica. Poi ho approfondito il tema, mi sono ricreduto e ho aderito. Abbiamo al nostro interno cattolici che militano in schieramenti diversi, dal Pd a Forza Italia passando per liste civiche di centro, centrosinistra e centrodestra. La base è la dottrina sociale della Chiesa, poi le differenze ci sono, ma non ci hanno portato a una contrapposizione bensì ad un arricchimento: è opera dello Spirito Santo».
Per De Biase «È difficile far capire che non si tratta di un nuovo partito, ma qualcosa che va al di sopra nel nome del bene comune. Oggi siamo qui per presentarci a livello locale, ci sono presentazioni in corso in tutta Italia, e per conoscerci. Le provenienze sono diverse non solo a livello partitico ma anche ecclesiale: io sono un salesiano cooperatore ma in Rete ci sono aderenti Agesci, a Comunione e liberazione, Azione Cattolica o Focolarini».
La rete dovrebbe essere del tutto operativa in autunno: «Saremo attivi nei territori da settembre. Siamo a un punto di partenza, non certo di arrivo» ha aggiunto De Biase.
Gli interventi degli aderenti
Sono seguiti diversi interventi. Andrea Guiduzzi, giovane consigliere comunale di Savignano sul Rubicone, ha indicato la parabola del buon samaritano come traccia per seguire il bene comune. Ha invitato poi a investire su centri di aggregazione per i giovani che li mettano a contatto con gli anziani e i loro saperi, sul modello di quanto proposto da Giorgio La Pira negli anni ‘50.
Daniele Perini, presidente del Consiglio comunale di Ravenna, ha dato tutto il merito allo Spirito Santo, non alla volontà dei singoli: «Se siamo qui oggi è grazie a lui». Perini auspica un ripristino dei Consigli territoriali (tagliati a suo tempo da una legge statale) aprendoli ai 16enni. Ha invitato poi tutti a stare accanto agli ultimi e «coltivare la vigna del Signore come umili servitori» citando papa Ratzinger. Ha messo poi in guardia dalle sfide enormi nei settori della sanità e del welfare: «Oggi mancano infermieri, mancano Oss e molte case di riposo rischiano di chiudere». Ha invitato infine a costituire cooperative sociali di tipo B: «Tante aziende preferiscono pagare multe allo stato, due miliardi l’anno, pur di non assumere disabili. Per questo serve più cooperazione sociale».
Per Carlo Pantaleo, coordinatore della Rete per il riminese, «i cattolici devono riconoscersi per il bene che fanno, non per le divisioni». Nel suo intervento ha posto l’accento sulla scuola («un organo costituzionale») auspicando premi per le scuole «che fanno più del dovuto perché ci credono, con tante esperienze virtuose non riconosciute».
La consigliera comunale di Forlimpopoli Sabrina Olivucci ha invitato ad un’azione congiunta tra pubblico, privato e terzo settore nel rispondere in maniera efficace alle fragilità. A partire dal diritto alla casa, da legare alle reti di vicinato «per costruire una socialità durevole nel tempo».
Omar Fabbri, infermiere e consigliere comunale a Mercato Saraceno (comune rappresentato anche dalla sindaca Monica Rossi) ha posto il tema delle aree interne, collinari e montane, in sofferenza come tante piccole frazioni di pianura: «Dove i servizi vengono meno, uno alla volta, c’è spopolamento. La gente si sente sola e poco coinvolta».
Damiano Zoffoli, presidente dell’associazione “Benigno Zaccagnini” di Cesena, ha ricordato come “Zac” fece innamorare alla politica tanti giovani di allora (anni ’70): «Oggi non è vero che i giovani sono indifferenti, siamo noi che non riusciamo a metterci in sintonia con loro». Ha poi portato all’attenzione della Rete il protocollo d’intesa tra Anci (l’associazione dei Comuni italiani) e la Fondazione Fratelli Tutti (presieduta dal cardinale Mauro Gambetti, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano) che mira a uno spirito di collaborazione delle istituzioni con la società civile, nel nome del bene comune: «Abbiamo scritto ai sindaci del territorio invitandoli a portare in Consiglio un ordine del giorno di adesione all’accordo. Ad oggi hanno già aderito sette Comuni del cesenate. L’intesa tra Anci e Fratelli tutti ricalca i contenuti e il metodo di questa rete e, nel documento, ci sono diverse risposte alle domande che ci poniamo».
Le conclusioni
Per Camillo Acerbi: «Sono tante le cose da fare. Ma ci lasciamo con un impegno: ognuno di noi deve lavorare nel proprio Consiglio, in giunta o nel proprio partito. Quando ci troveremo ad affrontare queste tematiche di lavoro, dovremo favorire una approvazione trasversale delle stesse».
Parole nobili, che si scontrano però con una politica fatta spesso di contrapposizione. L’esempio più lampante, che abbiamo posto come domanda in conferenza stampa, è stata la bocciatura nei giorni scorsi, da parte del Consiglio comunale di Cesena, della proposta della lista civica “Cesena Siamo Noi”, di istituire il Consiglio Comunale dei Giovani. Forse perché questa “Rete di Trieste” non era ancora attiva?
«Non necessariamente quello che è un tema condiviso si traduce in un una soluzione tecnica condivisibile – ha risposto Acerbi –. Come assessore non ero chiamato a votare ma la soluzione proposta non era attuabile. Inoltre, non aveva seguito il percorso della condivisione. Al di là del caso specifico, quando si propone una mozione se c’è la necessità di arrivare a un voto unanime se ne discute prima, in separata sede. C’è una questione di stile e di metodo».
Sul rendere concrete queste belle parole, Acerbi ha ricordato come i cattolici praticanti siano «una piccola minoranza della comunità nazionale. La frequenza alla messa domenicale è del 10-12 per cento. E i cattolici impegnati in politica troppo spesso, come i capponi di Renzo, anziché provare a liberarsi prima del macello, si beccano tra loro».
Mentre per De Biase: «Non vogliamo certo che i cattolici nei Consigli votino sempre in maniera uguale. È la metodologia: abbiamo una base comune, la Dottrina sociale della Chiesa, dobbiamo cercare il bene comune in un’ottica di servizio. Discutiamo dei temi insieme, prima, cercando di fare politica mantenendo le nostre differenze e pensandole come arricchenti. Io a Bologna sono parte dell’opposizione, ma in Rete ci sono anche due consiglieri di maggioranza. E abbiamo approvato degli Ordini del giorno in maniera trasversale. La novità è quella di aver avviato un dialogo costruttivo inserito in una rete che non ti fa sentire solo, dopo tanti anni in cui ti sentivi abbandonato dalla Chiesa».
Michelangelo Bucci