Un’estate rovente già da giugno, con dati record. A confermarlo sono le temperature di questi giorni: secondo i modelli, ci attendono ancora almeno dieci giorni di caldo intenso, ben al di sopra delle medie stagionali. Colpa dell’anticiclone africano “Pluto”, che sta investendo anche le aree romagnole, con temperature massime oltre i 37-38°C e livelli di umidità elevatissimi, soprattutto in pianura. Sembrerebbe essere solo dell’inizio. A fare chiarezza è Pierluigi Randi, meteorologo e presidente appena rieletto dell’Ampro (Associazione Meteorologi Professionisti). Lo abbiamo intervistato per capire che estate ci attende e quanto il cambiamento climatico stia modificando i nostri standard.

Intervista a Pierluigi Randi, Presidente Ampro – Associazione meteorologi professionisti

Dottor Randi, Quanto durerà questa prima ondata di calore?

È una fase molto lunga. Oggi, giovedì 26 giugno, tocchiamo un primo picco sulla Romagna interna con temperature fino a 37-38°C, cioè 8-9 gradi sopra la norma del periodo, che dovrebbe essere intorno ai 29°C. Tra domani (venerdì) e sabato ci sarà un leggero calo, comunque con valori sopra la media. Da lunedì le temperature torneranno a salire, non quanto oggi, ma sempre ben oltre la norma stagionale.

C’è qualche segnale di un pò di refrigerio?

Al momento non si intravedono segnali affidabili di un vero break. È probabile che il caldo si prolunghi almeno fino al 5-6 luglio, ma non si esclude che possa continuare anche oltre.

Che estate sarà?

Intanto giugno 2025 sarà un mese da record: non appena avremo i dati definitivi, risulterà il secondo giugno più caldo degli ultimi 100 anni, subito dietro il famigerato giugno del 2003. Sono record recenti, perché è dal 2000 in poi che si sono concentrati i mesi di giugno più caldi. I modelli stagionali indicano una probabilità del 50% che l’estate sia più calda del normale, ma non estrema come il 2003, il 2022 o il 2023. È possibile che, come nel 2017, non si abbiano medie da record assoluto ma si tocchino picchi molto elevati, anche per più giorni. In quell’anno ad agosto si sfiorarono i 43 °C. Stiamo vivendo il primo evento importante proprio in queste ore, e non si vedono pause significative a breve termine.

Fenomeni nuovi per noi.

Le ondate di calore attuali sono molto diverse da quelle del passato: un tempo erano più brevi, ora sono più lunghe, intense e frequenti. Il cambiamento climatico non genera gli eventi estremi, ma li amplifica e li moltiplica. Oggi arriviamo ad avere anche 4 o 5 ondate in un’estate, come lo scorso anno. L’estate 2023 è stata la più calda dopo il 2003, un evento considerato eccezionale e con tempi di ritorno secolari. E invece lo stiamo già ripetendo.

Con quali conseguenze?

Il Mar Mediterraneo è sempre più caldo. Non riesce più a dissipare il calore accumulato durante l’estate e mantiene temperature superficiali molto elevate anche in inverno. Nell’Adriatico ci sono anomalie di +2°C, e nel Mediterraneo occidentale anche di +5 o +6°C. Questo comporta un rischio maggiore di temporali violenti e precipitazioni estreme, come abbiamo visto lo scorso autunno. È una spada di Damocle: un mare così caldo altera l’ecosistema, favorisce la proliferazione di specie tropicali, può portare nuovi virus e squilibri sanitari.

Come mettere in relazione queste ondate di calore con il cambiamento climatico?

Se un’ondata di caldo dura molti giorni e si estende su un’area molto vasta possiamo attribuirla al cambiamento climatico, cosa che non vale se investe un’area ristretta per poco tempo. Se eventi del genere si fossero verificati 30-40 anni fa, non avremmo avuto queste temperature. Le ondate di caldo c’erano anche allora, ma erano meno intense e più brevi, per questo allora non si parlava di cambiamento climatico. Le stagioni estive recenti non hanno più nulla a che vedere con quelle del passato. L’ultima estate “normale” fu nel 2014: instabile e non calda. Sono passati 11 anni. Addirittura il maggio scorso, percepito da molti come freddo, era perfettamente in media con i mesi di maggio di una volta. Ci stiamo abituando a un clima più caldo e abbiamo perso la cognizione del clima del passato.

E poi, specie da noi, c’è il problema dell’umidità, che non aiuta

Infatti. Non conta solo la temperatura dell’aria. L’indice di calore (o Heat Index) tiene conto della temperatura combinata all’umidità relativa, ed è fondamentale perché dà una misura del disagio fisiologico percepito. È usato in ambito medico: oltre i 36-37°C di Heat Index possono comparire i primi malesseri, e il colpo di calore diventa un rischio reale. Ad esempio: a 33°C con il 60% di umidità, si sta come se ce ne fossero 40. A 35°C con il 20% di umidità, si tollera meglio. In Pianura Padana il problema è serio: l’umidità è spesso elevata, e l’afa rende il caldo insopportabile per giorni interi.

E il livello dello zero termico sulle Alpi fa paura

Sì, molto. Tra sabato 28 e domenica 29 giugno potrebbe toccare i 5000 metri: un’anomalia mai registrata in questo mese. Il valore normale per la terza decade di giugno è 3700 m. Se venisse confermato, anche la cima del Monte Bianco entrerebbe in campo termico positivo. Negli ultimi 30 anni lo zero termico estivo si è alzato di circa 500 metri. Oggi resta sopra i 4000 m anche per giorni interi, con gravi danni ai ghiacciai, che hanno già perso tra il 30 e il 40% della loro massa. È uno scenario che i modelli climatici avevano previsto, con la possibile estinzione dei ghiacciai alpini tra 50-60 anni.

Bisognerà adattarsi

Senza dubbio, ma siamo in ritardo. In alcune città europee stanno nascendo progetti di “città oasi”, con più verde, più alberi e meno cemento. Possono ridurre la temperatura anche di 5-6 gradi. Non possiamo trasformare le città in foreste tropicali, ma sfruttare gli spazi inutilizzati per inverdire e creare microclimi urbani più vivibili.

Barbara Fichera