Le imprese faentine non mollano, casomai delocalizzano in un contesto di forte contrazione di consumi. È la fotografia scattata da Ascom Confcommercio Faenza a due anni dall’alluvione del 16 maggio 2023. A parlare è il direttore Francesco Carugati, che ha analizzato l’impatto dell’emergenza sul tessuto economico della città. «In provincia di Ravenna sono state 1.848 le imprese colpite dall’alluvione – precisa – nei settori agricoli, commerciali e dei servizi. Di queste, circa 850 si trovano nel comprensorio faentino». Secondo Ascom Faenza, poco più di 20 sono le attività che hanno chiuso definitivamente, ma non a causa dell’alluvione. «Si tratta per lo più di realtà in cui gli imprenditori erano anziani, senza un ricambio generazionale, oppure di chi ha deciso di cambiare totalmente settore», spiega Carugati. Insomma, le chiusure definitive causate dall‘alluvione sono state poche. “La stragrande maggioranza ha scelto di ripartire – aggiunge Carugati – in alcuni casi con investimenti di poche migliaia di euro, in altri con interventi da milioni di euro”.

Carugati (Ascom): “La coda lunga dell’alluvione si sente ancora oggi”

Una delle conseguenze più pesanti dell’alluvione, secondo Ascom, è il calo dei consumi a livello cittadino. Un terzo della città è stato colpito direttamente con 20mila faentini coinvolti: evidenti le ricadute sulle abitudini di spesa. «Chi ha perso casa o beni primari ha dovuto destinare il proprio portafoglio alla ricostruzione: auto, mobili, abitazioni. Questo ha inciso profondamente sugli acquisti nei settori della ristorazione, dell’alimentare e del commercio in generale – afferma il direttore di Ascom –. La coda lunga dell’alluvione si sente ancora oggi».

La delocalizzazione: come cambia il volto della città

Quello che è cambiato è soprattutto il volto della città, specie in centro storico. I corsi Saffi e Garibaldi in particolare sono pieni di negozi sfitti e vetrine vuote. È l’effetto della delocalizzazione: diverse imprese hanno abbandonato le loro sedi originarie, preferendo aree della città definite più “sicure”. «Alcune decine di imprese oggi sono attive, ma non più dove erano prima – spiega Carugati -. Nella zona intorno a via Lapi, corso Saffi e corso Garibaldi, i segni dell’abbandono commerciale sono una ferita aperta. Questa tendenza si somma alla crisi del commercio nei centri storici, che è nazionale, aggravata però dall’emergenza climatica. Oggi è difficile trovare imprenditori disposti a investire in alcune aree della città». Il contesto generale non aiuta. «Il commercio tradizionale non vive un periodo di espansione, ma nemmeno la grande distribuzione brilla. Il potere d’acquisto non cresce, i costi aumentano, gli stipendi sono fermi da anni». Faenza ha dimostrato una forte resilienza, nonostante le spese sostenute dalle imprese per il ripristino delle sedi danneggiate non siano state ad oggi rimborsate. «Ci auguriamo che i soldi promessi dalla struttura commissariale arrivino in modo completo e in tempi più rapidi – sottolinea il direttore di Ascom -. Gli imprenditori sono persone serie, e hanno investito con fiducia. Ora è fondamentale che trovino un riscontro positivo alle loro aspettative». La complessità delle procedure sta rallentando la liquidazione dei fondi. «Noi, ad esempio, abbiamo più di mezzo milione di euro di danni nella sede Ascom. Abbiamo presentato la documentazione, ma i tempi sono lunghi. Il sistema di controllo è giusto, ma bisogna evitare eccessi: se un’impresa ha 15 bagni, è normale che abbia acquistato 15 mobiletti. Se ne ha persi 5, non possiamo metterli in discussione uno a uno». Al momento, solo una piccola parte delle imprese ha completato l’iter per ottenere i rimborsi. «Le imprese faentine hanno mostrato capacità di adattamento e volontà di ricostruire – conclude Carugati – , ma il sostegno concreto e tempestivo delle istituzioni resta decisivo per consolidare la ripresa».

Barbara Fichera