Concattedrale piena, ieri pomeriggio dei tanti volti che hanno accompagnato il seminarista. Commosso il saluto a Umberto Paganelli, il parroco con il quale ha iniziato il suo cammino, in prima fila nonostante l’età
“Un primo passo, un passo importante”. È stato un giorno di festa ieri per la Diocesi e per la parrocchia di Cervia. Nella Concattedrale l’arcivescovo Lorenzo ha accolto la candidatura di Riccardo Pollini, 27 anni, al sacerdozio. Un percorso per nulla scontato o già deciso, sottolinea nell’omelia monsignor Lorenzo Ghizzoni ma un passo importante per un ministero “che è anche una grazia per tutta la Chiesa”.
Chiesa piena, tanti i volti di chi ha accompagnato Riccardo
La Concattedrale era piena, ieri pomeriggio. In prima fila, il babbo di Riccardo, assieme al fratello con la moglie. Don Umberto Paganelli, il parroco con il quale ha iniziato il suo cammino, non poteva mancare: i movimenti sono lenti e affaticati per l’età ma non poteva perdersi questo momento Così come il suo parroco don Pierre Laurent Cabatous, raggiante. Tra i banchi e sull’altare ci sono i volti di tanti che lo hanno accompagnato in questi anni: don Paolo Babini, rettore del seminario di Ravenna, don Matteo Papetti, direttore della Pastorale Vocazionale, i compagni e guide della Propedeutica di Faenza, con il vicario generale della diocesi, don Michele Morandi e don Mattia Gallegati, il rettore del Seminario di Bologna, don Andrea Turchini, gli altri seminaristi, i giovani delle parrocchie dove ha fatto servizio in questi anni, insegnanti della scuola dove ha lavorato, amici e parenti.

“La vocazione è vera se nasce da una risposta all’essere amati per primi”
“È sempre un percorso lungo, quello vocazionale – ragiona monsignor Ghizzoni nell’omelia -. C’è bisogno di una verifica su se stessi. Non è come un mestiere, da imparare. La vocazione no, quella al ministero ordinato ancor meno. Si va verso un servizio dove lo strumento principale è la persona stessa. Il presbitero annuncia e testimonia quello che lui crede, che modifica e modella la sua vita. Nelle tante occasioni di carità la vocazione è efficace se è vera, autentica se nasce da una risposta all’essere stati amati per primi”.
Ogni vocazione consiste nel seguire il Signore, prosegue l’arcivescovo, ma il presbitero è chiamato a rappresentare Cristo servo, pastore, sposo: “Anche in parrocchie la guida va esercitata con umanità avendo modellato se stessi e il proprio carattere in vista di questo servizio. È la grazia che rende efficace il ministero supplendo anche ai limiti personali”.
“Senza comunione non c’è missione, né Chiesa”
Il Vangelo oggi racconta del Concilio di Gerusalemme, “una sorta di assemblea sinodale – interpreta l’arcivescovo – nella quale prevale la linea di Paolo, che la salvezza viene dalla fede e non dalla legge, ma c’è una partecipazione di tutta la comunità”. La Chiesa nella storia può conservare la comunione, aprendosi al dialogo e con la partecipazione, aggiunge: “Se non c’è comunione, non c’è missione e senza missione non c’è la Chiesa”. Il ministero ordinato vive in questa storia, scandisce monsignor Ghizzoni: “La Chiesa è fatta di comunione nelle differenze, e anche nei conflitti, come quello che vivrà lo stesso Paolo nella sua comunità, a Corinto. Abbiamo bisogno di questo tipo di vocazioni: vescovi, presbiteri che si prendano cura della Chiesa locale e diaconi, segni di Cristo servo. La comunità avrebbe pregare per esse e avere occhi attenti su giovani e adolescenti”.

Riccardo, un cammino non scontato e libero, che ha bisogno dell’aiuto di tutti
Non solo il parroco o i sacerdoti: “Tutti abbiamo la responsabilità della chiamata. Riccardo – conclude – ha ancora strada da fare. Non c’è nulla di scontato. È un cammino nella libertà, che ha bisogno della preghiera e dell’aiuto di tutti”.

Dopo la celebrazione, un momento di festa molto partecipato, durante il quale a Riccardo è stato consegnato il regalo della sua comunità: un abito liturgico con la talare.
Daniela Verlicchi