L’attesa è stata quasi spasmodica, ma i tempi della Chiesa non sono di questo mondo
Siamo tutti iperconnessi
Siamo tutti iperconnessi. Lo sappiamo e ne parliamo in ogni occasione. Sappiamo tutto, pensiamo di sapere tutto, in tempo reale, appena qualcosa accade: una guerra, un catastrofe naturale, un attentato, un nuovo governo, una crisi qualsiasi in giro per il mondo. In una sola parola, siamo sempre online. Non siamo capaci di vivere offline, senza connessione, senza poter sapere quel accade.
In piazza in 50 mila
Ieri sera, in piazza San Pietro, dove in pochissimi minuti si sono radunate 50 mila persone, si è vissuta un’atmosfera cui nessuno è più abituato. Siamo rimasti tutti incollati, con il naso all’insù, a quel comignolo dal quale ci aspettavamo, attorno alle 19, la prima fumata per l’elezione del nuovo Papa. Un’attesa spasmodica, quasi surreale, per un avvenimento che, diciamolo, ha il carattere planetario, forse come mai aveva assunto fin a ora.
La Chiesa è nel mondo ma non è di questo mondo
Sarà stata la morte inattesa di papa Francesco. Sarà stato lo storico incontro tra il presidente Usa Trump e il suo omologo ucraino Zelensky. Fatto sta che qua a Roma non solo ci sono migliaia di giornalisti e cineoperatori da tutto il globo, ma c’è gente da ogni continente. Pellegrini e semplici turisti che sono venuti a Roma un po’ per caso, un po’ per coincidenza, un po’ per vedere le bellezze della città eterna, un po’ per il giubileo e si sono trovati nel mezzo dell’elezione del nuovo Pontefice.
Elezione che avviene secondo un rituale antico e severo, che può apparire anche fuori dal tempo, ma capace di fare comprendere come la Chiesa sia nel mondo ma non appartiene a questo mondo, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo, come si legge al capitolo 17 del Vangelo di san Giovanni.
Ieri sera alle 21 la fumata nera
La fumata, alla fine, è arrivata, alle 21. L’attesa è stata lunga. I più avevano previsto il primo verdetto, che non era scontato perché i cardinali in conclave avrebbero anche potuto decidere di non votare, attorno alle 19.
Invece, là dentro, nella Cappella Sistina, il tempo scorre più lentamente e i ritmi non sono i nostri, di quelli che sono rimasti fuori, in attesa, ad aspettare un segnale di fumo. I porporati sono senza cellulari, radio e televisione. Sono esclusi dal resto del mondo, occorre ricordarlo. Alla fine, quando qualcuno già se ne era andato, il primo fumo è stato nero, anche se qualcun altro aveva sperato in un esito positivo, visti i tempi lunghi.
La Chiesa si prende i suoi tempi
Sì, mentre il mondo gira in maniera vorticosa, e noi tutti con esso, immersi in un vortice che spesso ci stritola, la Chiesa si prende i suoi tempi, mette in campo le sue ritualità, anche le sue sacralità, perché non dirlo. Ed è bello che molti si stupiscano di questi modi, di questi gesti, di questo fare antico e al tempo stesso rispettoso della materia di cui si tratta.
Si deve scegliere il successore di Pietro, il 267esimo, in un momento in cui da ogni angolo del pianeta si guarda a questa piazza per il ruolo che gioca, per il messaggio che porta, per la speranza che trasmette.
Intelligenza, prudenza e audacia dei 133 cardinali
Allora prepariamoci a un’altra giornata da vivere tutta in attesa che da quel comignolo posto sulla Sistina esca una fumata bianca. Un segnale di fumo che è anche un grande segno di speranza. Viviamo questa attesa certi che il vento dello Spirito soffia dove vuole, ma là dentro si serve dell’intelligenza, della prudenza e dell’audacia di 133 cardinali riuniti in Conclave (sotto chiave) chiamati a Roma per dare un nuovo pastore alla Chiesa cattolica.
Francesco Zanotti