Portare Dino Campana in una classe di bambini di dieci anni. Raccontarne la poesia, la vita errabonda, le inquietudini e le visioni, senza edulcorare ma trovando un linguaggio nuovo, capace di accendere curiosità, domande e partecipazione. È questa la sfida che ha raccolto Viola Savorani, 25 anni, di Brisighella, laureatasi poche settimane fa in Scienze della Formazione Primaria all’Università di Bologna con una tesi in Letteratura italiana dal titolo La poesia del Novecento nel primo ciclo di istruzione: una sperimentazione didattica attraverso Dino Campana.
Dalla scrittura creativa ad attività all’aria aperta fino all’intervista impossibile, un percorso per avvicinare i bambini al poeta dei Canti Orfici

Un lavoro nato dal desiderio di «fare qualcosa di originale», come racconta lei stessa, e che unisce la passione per la letteratura a quella per il territorio. «Campana non è un autore semplice – spiega –, ma è anche profondamente legato alla nostra vallata, raccontata nei suoi versi e prose. Parlando con la mia tutor ho capito che valeva la pena, per me, proporlo ai bambini, attraverso metodologie innovative».
Per la sua sperimentazione, Viola ha lavorato con una classe quarta della scuola primaria Pazzi di Brisighella, costruendo un percorso articolato su due mesi, tra aprile e maggio 2024, in cui la poesia è diventata materia viva. Non solo letture, ma cacce al tesoro poetiche, scritture creative, disegni, ricerche d’archivio e perfino un’intervista impossibile al poeta, realizzata con il supporto di un esperto. «Abbiamo cercato le parole dei suoi versi nel giardino della scuola, costruito testi nuovi partendo da quelle trovate, esplorato con Google Earth i luoghi descritti nei Canti Orfici. I bambini hanno fatto domande al ‘poeta’, impersonato da un attore, dopo aver studiato la sua biografia. È stato sorprendente vedere quanto lo avessero interiorizzato. C’è a chi è piaciuto di più e a chi meno, ma nessuno ne è rimasto indifferente, ed era bello vedere come ne parlassero anche in ambito extra-scolastico».
Imparare facendo, l’esperienza per avvicinarsi alla voce del poeta

Il cuore del metodo, racconta Viola, è il learning by doing, l’imparare facendo. Prima viene l’esperienza, poi la riflessione. «È una modalità che coinvolge molto i bambini, li spinge a confrontarsi, a costruire senso a partire da ciò che vivono. Li avvicina alla poesia senza che sembri un esercizio scolastico tradizionale. E li rende più liberi anche nel modo di pensare». La poesia, sostiene Viola, ha ancora un grande valore per i più piccoli, ma a volte è la scuola a non avere il coraggio di proporla. «Ci si accontenta del leggere filastrocche perché sembrano più adatte alla loro età, ma i bambini sono pronti ad affrontare anche testi complessi, se guidati. Campana parla di temi profondi, anche difficili – la malattia mentale, l’emarginazione, la ricerca di sé – eppure i bambini ne hanno parlato con maturità. La poesia ha permesso dialogare su emozioni, paure, desideri». Durante il percorso è stato letto anche il componimento Il lampo di Pascoli, per confrontare poetiche diverse. «È stata l’occasione per affrontare temi che spesso si pensa non siano alla portata dei bambini, come la morte o la solitudine. Invece ne hanno parlato con naturalezza».
La poesia: un modo per guardare il mondo con occhi diversi

Il progetto ha visto anche l’uso di strumenti digitali, come i Chromebook per esplorare gli archivi online del Centro Studi Campaniani, che ha supportato Viola nel percorso, e la realizzazione di una “mappa poetica” dei luoghi cari a Campana, in cui ogni tappa diventava occasione di riflessione e scoperta. «È stato bello vedere che Campana, spesso ridotto a un ‘poeta pazzo’, per loro è diventato una persona con cui empatizzare. Hanno capito che dietro la sua inquietudine c’erano sensibilità, domande, amore per la natura e per la musica delle parole. Questo, per me, è il senso più profondo dell’insegnare poesia». Viola guarda già avanti per continuare a insegnare con la stessa passione, portando avanti progetti di poesia simili, capaci di andare controcorrente. «In un mondo veloce e iperconnesso che contagia anche i bambini, la poesia non è qualcosa di vecchio o fuori moda – conclude –. È un modo di guardare il mondo con occhi diversi». E i bambini, se lasciati fare, sono maestri in questo.
Samuele Marchi