Come ogni anno, il 25 aprile si ricorda e si festeggia la 𝐑𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚. Festa che, secondo la premier Giorgia Meloni, avrebbero dovuto festeggiare solamente gli elettricisti per commemorare la legge di ohm, la quale – nella nota formula 𝑽 = 𝑹 𝒙 𝑰 – dimostra che la libertà di ogni 𝐂𝐨𝐫𝐫𝐞𝐧𝐭𝐞 di pensiero è inversamente proporzionale alla 𝐓𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 dei taser. Sinceramente, se una festa è intitolata alla libertà, bisognerebbe perlomeno sentirsi liberi di festeggiarla, altrimenti dovrebbero chiamarla 𝐅𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐑𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐋𝐢𝐛𝐞𝐫𝐭à.

In realtà Giorgia Meloni ha preso la palla al balzo (cosa sempre astuta da fare, quando si gioca sui campi minati): la giornata di lutto nazionale per la morte del Papa e quella di lutto nazionale per la Liberazione d’Italia, dovevano in qualche modo annullarsi. Le due tragedie potevano essere festeggiate, sì, ma senza eccessi per non offendersi a vicenda. Perché in fondo “la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri”. Quindi, niente eccessi per i partigiani: “La vostra libertà finisce dove inizia quella dei Santi”. E niente eccessi per i cattolici: “La vostra libertà finisce dove inizia quella dell’A.n.p.i.” Ottimo ragionamento, tutto fila liscio come l’olio di ricino…

Inoltre, con ben due lutti nazionali all’attivo, il 25 aprile 2025 poteva essere finalmente celebrato come una giornata di 𝑹𝒊𝒍𝒖𝒕𝒕𝒐 𝑵𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆, da festeggiare quindi con una certa riluttanza – che, sempre per gli elettricisti, è comunque una forma di resistenza. Probabilmente la Meloni sognava una Liberazione Light, con i partigiani un po’ assonnati e appesantiti dal pranzo di Pasquetta, e con i tedeschi che, sulle ali (d’aquila) dell’entusiasmo, finalmente vincono. Dopotutto il 25 aprile c’è ogni anno, non è che possono vincere sempre i partigiani: l’alternanza fa bene alla democrazia.

La parola d’ordine era Sobrietà: niente alcol alla guida della rivoluzione e multe a profusione per gli eccessi di libertà. Se poi ti fermano alla guida in evidente stato di ebbrezza della libertà, non possono nemmeno farti il palloncino (festa sobria, quindi niente palloncini) e tu non puoi fare resistenza a pubblico ufficiale (perché fare resistenza proprio nel giorno della resistenza, sarebbe un vero schiaffo in faccia ai credenti). Vietato alzare troppo il gomito, quindi (specialmente se teso): è apologia all’Alcolismo. Offenderebbe vescovi, cardinali e aspiranti papi. Certo che, se questo è il metro utilizzato per il rispetto, forse anche la Chiesa – per rispettare il sacrificio dei Partigiani – dovrebbe cambiare nome al Conclave: non stiamo mica al circo! E per finire il giro, forse anche chi è alla guida di un paese dovrebbe essere sobrio e smetterla di bersi perlomeno il cervello. E se casomai, un giorno avessero voglia di tornare sulla terra, dovremmo verificare noi con uno speciale ET-lometro, che siano tornati umani.

Forse anche noi, avremmo dovuto prendere quella palla al balzo, usando questo 25 aprile, per fare cose che tipicamente si fanno ad ogni morte di papa: tipo debellare la guerra dal mondo, fermare la corsa agli armamenti e riprendere in mano le chiavi della liberazione per uscire dalla retorica. Potevamo diventare “una repubblica fondata sul lavoro che ripudia la guerra” e non “una repubblica fondata sulla guerra che ripudia il lavoro”. Potevamo essere una voce fuori dal coro e tornare Paese Sovrano, invece che cantare all’unisono di questa operetta di (de)lirica, in cui l’Italia – sempre allineata – è solamente un 𝑷𝒂𝒆𝒔𝒆 𝑺𝒐𝒑𝒓𝒂𝒏𝒐.
Potevamo tirare fuori una pace vera e pulita (fare voto di pace votando contro al riarmo), invece di invocare una specie di 𝒑𝑨𝒄𝒆 𝑮𝒆𝒏𝒕𝒊𝒍𝒆: detersivo che ripulisce il sangue da ogni bandiera, efficace anche sui capi (di stato) più sporchi e ostinati.

Abbiamo sempre paura di uscire dal coro ed esercitare le nostre libertà individuali, fatichiamo a dissentire. Forse siamo malati di “Dissenteria” – malattia per cui ce la facciamo sotto, e non dissentiamo mai. Oggi nessuno serve più la patria: facciamo fatica a trovare qualcuno che serva persino al festival dell’Unità o alle sagre. Figuriamoci alla Patria. Siamo solo clienti seduti dall’altra parte del tavolo istituzionale, e così – parafrasando Mameli – dopo una bella mangiata al massimo “siam pronti alle torte”, non certo alla morte.

La libertà e la pace, non sono valori tramandabili come la vecchia credenza della nonna. Le libertà ottenute con lotte di secessione, non si tramandano con atti di successione. In effetti, anche la libertà è una credenza – ovvero, una fede. Ma le fedi devono essere vive dentro, altrimenti muoiono anche fuori. Le fedi non si dovrebbero mai praticare con le mani in mano – pregando o applaudendo – ma si dovrebbero dimostrare sporcandosi le mani e tendendole al prossimo. Da quarant’anni prego il Signore perché dia da mangiare anche a chi non ne ha, ma io continuo a mangiare troppo e loro a morire di fame. Ecco la grande differenza tra “dare una mano concreta” e “avere le mani in pasta”. Ecco la grande differenza tra il dire e il fare e il Tradire il fare.

Purtroppo la libertà non vive se non la pratichiamo e non la mettiamo al primo posto. Noi pensiamo di poterla surgelare per consumarla al bisogno, in caso di necessità. Così ogni 25 aprile celebriamo la Festa dell’𝐈𝐛𝐞𝐫𝐧𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐍𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, in cui riapriamo il freezer – free-zer, cioè libertà congelata – per vedere se si sta conservando bene e se è ancora in buona salute. Ma la libertà è un prodotto a breve conservazione, va consumata e ricoltivata ogni giorno.

Dobbiamo sperare e immaginare un lieto fine, con una commissione europea presieduta da una pacifista meravigliosa – Wonder Leyner – che voti finalmente per una pace mondiale, per vedere le nostre libertà individuali diventare collettive. Dobbiamo sperare che la prossima Premier abbia il coraggio di tagliare il PIL superfluo per la guerra, applicando alla gamba italiana una speciale depilazione laser. Che non sia più uno stivale sul piede di guerra, ma una bella gamba depilata… (se non ci pensa il Laser a portare via i peli matti, poi ci penserà l’Aser a portare via i matti).
E magari, tra qualche anno, potremmo dire di essere vivi per un PIL.
[….]

Viva il lupo, viva l’agnello,
viva il coraggio in ogni fratello,
viva la pace che Cristo ci dà,
e – soprattutto – viva la Libertà.

Che i partigiani riposino
per sempre in pace,
ma che dentro di noi,
non riposi mai la pace.

(lo so, il 25 aprile è passato… questo infatti è soltanto un post).

Roberto Gorini