La musica trap nasce agli inizi degli anni 2000 nei sobborghi di Atlanta. Il nome del genere deriva infatti da “TrapHouse”, termine usato nello slang locale per indicare appartamenti abbandonati dove si vendono e consumano sostanze stupefacenti. Per analizzare a fondo un genere musicale, è fondamentale comprendere il contesto in cui nasce. Atlanta è l’11esima capitale per tasso di criminalità negli Usa, e i suoi sobborghi, così come le periferie, sono abitati da persone che, prive di un adeguato supporto sociale, vedono nella criminalità l’unica via d’uscita da una povertà spesso assoluta. All’inizio la trap racconta la realtà quotidiana degli artisti: spaccio, sparatorie e vari tipi di crimine sono tematiche ricorrenti nei testi. La musica trap conquista rapidamente il pubblico, che si riconosce in quella realtà, ritrovando così una voce nel panorama mainstream dopo anni di emarginazione.

La trap in Italia: il genere nella sua forma originaria in realtà è finito nel 2021

Sfera Ebbasta Rvssian Italiano Anthem
Sfera Ebbasta (foto Wikipedia)

In Italia il discorso è differente: da sempre si ha l’abitudine di importare mode dagli Stati Uniti. I primi esperimenti italiani in questo genere sono da accreditare a Maruego con Cioccolata, brano del 2014 caratterizzato da sonorità trap e un embrionale utilizzo dell’autotune. Altri artisti, come Jesto e Guè Pequeno, avevano già sperimentato in precedenza, pur rimanendo ancorati a sonorità più tradizionali rap. La trap italiana ha preso piede prima nel panorama underground e poi nel mainstream, grazie agli album Xdvr (2015) e Rockstar (2018) di Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta, che hanno fatto della musica digitale e dell’autotune il marchio di fabbrica. Altre realtà importanti dell’ondata del 2016 sono la Dark Polo Gang e artisti come Tedua, Rkomi e Ghali.

Nonostante il termine trap sia tuttora utilizzato da testate giornalistiche, in Italia il genere nella sua forma originaria viene considerato “morto” dal 2021, quando il gruppo Fsk Satellite si è sciolto. Da quel momento, la trap è stata soggetta alle trasformazioni dettate dalle nuove tecnologie e influenze.

Autotune e testi

musica trap

Oggi il termine è spesso associato, nel campo dell’hip hop, a una certa attitudine dell’artista, mentre nel mainstream viene identificato con testi volgari e l’uso marcato dell’autotune, sebbene molti di questi brani appartengano a sottogeneri come la drill, nata a Detroit, o a variazioni del rap.

Un punto importante riguarda l’uso del discusso autotune, criticato da chi sostiene che «chiunque possa essere un cantante» grazie a questo effetto. A mio avviso, dire ciò equivale a sostenere che chiunque possieda una videocamera possa definirsi regista. L’autotune è uno strumento, oggi largamente usato e spesso abusato. Per emergere dalla massa, come in ogni disciplina artistica, occorrono idee innovative: l’utilizzo dell’effetto da solo non basta a rendere qualcuno un vero cantante.

Passando al merito della trap, mi sono spesso interrogato sull’effettivo valore artistico di questo genere e sono giunto alla conclusione che dipende da cosa si prende in esame. La musica presenta in Italia numerosi brani di valore che trattano temi interessanti, accanto a canzoni che risultano volutamente volgari o vuote e che attraggono il pubblico mainstream grazie a sonorità accattivanti. A mio parere, anche una canzone “vuota” o, entro certi limiti, volgare non perde il suo valore artistico.

Una guida sugli artisti locali

18k

Se consideriamo gli artisti underground della Romagna – che non producono trap “pura”, ormai quasi scomparsa al di fuori dei circuiti principali – il primo esempio virtuoso che viene in mente è 18K, nome d’arte di Filippo Casadio. Classe 1997, originario di Brisighella e trasferitosi a Milano, 18K fa della musica uno strumento per raccontare se stesso, utilizzando basi caratterizzate da sonorità inquietanti e lontane dalle logiche del mercato, pur mantenendo un legame con l’hip hop. È innegabile che nei suoi testi compaia una certa volgarità, ma questo aspetto, anziché sminuire il suo valore artistico, rafforza il messaggio che intende trasmettere. In Vendetta, tratto dall’album Anti anti, esprime il senso di sconfitta e di rivalsa: «Perdere una partita è un duro colpo all’autostima, pensa come ca**o è perdere per tutta la vita». Il brano diventa un inno alla rivincita, un grido contro una vita che spesso ti schiaccia, ma anche un invito ad aiutare chi ci sta vicino, ricordandoci che non siamo soli.

Baldo

Un altro artista romagnolo di rilievo è Baldo. Originario di Bubano e affermatosi su SoundCloud. Baldo ha attirato l’attenzione grazie a remix moderni di brani come marmellata #25 di Cremonini o Agata brioches di Officina della Camomilla, oltre a numerosi inediti dal carattere innovativo. Su Spotify, Baldo ha diverse tracce, tra cui Due scheletri, una riflessione sull’identità dell’artista che, nonostante i cambiamenti esterni, rimane invariato: «Io troppe volte ho cambiato i capelli, non è cambiato un ca**o, sono sempre il solito». Il pezzo affronta anche la fine di una relazione, intesa come la morte figurativa dei due amanti: «Siamo due scheletri morti già da un pezzo» e «la tua mano che mi sfiora mi ricorda il momento in cui, siamo spariti, abbiamo lasciato tutto com’era». Queste parole suggeriscono che, con la fine di una relazione, l’io di quel momento muore per evolversi in qualcos’altro.

Kkkk

Infine è da segnalare KKKK, artista riminese che si discosta dalla trap tradizionale. Probabilmente l’unica caratteristica che lo accomuna al genere è l’uso di effetti vocali e la creazione di una musica fuori dagli schemi tradizionali, un tratto comune alla nuova generazione di artisti. Ho inserito KKKK nella discussione non tanto per il genere trap, quanto per analizzare la musica delle nuove generazioni, spesso criticata per la presunta mancanza di contenuto o abilità compositiva. Il suo ultimo ep, Da cosa ti nascondi quando non ti guardi dentro è un viaggio introspettivo nell’animo umano, e la traccia pressa, in collaborazione con My_Hitch – anch’egli riminese – affronta la pressione e la paura di non essere mai all’altezza: «È che c’ho pressa di dare il mio meglio, non è detto che ci riesca».

In conclusione, in un panorama in cui a tutti viene data la parola – come accade ora per la musica – riconoscere il valore autentico diventa sempre più difficile. Spesso ciò che piace alla massa non è necessariamente di qualità, lasciando all’ascoltatore il compito di scavare nell’enorme quantità di artisti e di trovare quella musica che più risuona con il proprio essere.

Giacomo Lolli Ceroni

Foto di copertina: 18k a un recente concerto a Torino, @ph.shinichi