Nel cuore di Bagnacavallo si trova un luogo in cui ragazzi e ragazze dai 6 ai 14 anni trovano un punto di riferimento educativo e relazionale: L’Agorà. Nato dalla collaborazione tra la cooperativa Il Solco e l’associazione Open, questo spazio pomeridiano di doposcuola si distingue per un approccio che unisce inclusione, gioco e crescita collettiva. Abbiamo intervistato Martina Tarlazzi, coordinatrice pedagogica, che ci ha raccontato cosa rende unico questo progetto e quali sono le sfide per il futuro. Assieme alle quattro educatrici, a prestare servizio a L’Agora sono anche due giovani propedeuti in servizio nella nostra Diocesi: Vito e Michele.
Intervista a Martina Tarlazzi: “Ciò che ci caratterizza davvero è la centralità delle relazioni”
Tarlazzi, come definirebbe L’Agorà?
Uno spazio di accoglienza e di relazione. Qui i ragazzi possono sentirsi parte di un gruppo, di una piccola comunità che si prende cura di loro. La nostra missione è educativa, ma non nel senso scolastico del termine. Certo, i compiti sono un momento importante, ma ciò che ci caratterizza davvero è la centralità delle relazioni: imparare a stare insieme, a rispettare le regole, a collaborare e a crescere come individui all’interno di un gruppo. L’inclusività è un valore fondante: accogliamo ragazzi con percorsi e storie diverse, senza giudizio, valorizzando le loro capacità.
Cosa propone il vostro centro?
A L’Agorà apriamo le porte alle 13, offrendo la possibilità di pranzare insieme. Dopo lo spazio compiti, dalle 14 alle 16.30, c’è la merenda e il momento più significativo: il lavoro in gruppo e le attività organizzate. Qui il “fare insieme” è centrale. Organizziamo laboratori creativi, attività sportive come calcio, pallavolo e basket.
Uno degli aspetti più interessanti sembra essere lo sport. Perché questa scelta?
Lo sport è uno strumento straordinario per educare alla vita di gruppo e al rispetto delle regole. Stiamo sviluppando una piccola squadra di calcio, non solo per giocare, ma per insegnare il valore dell’identità collettiva e della gestione delle emozioni. Molti ragazzi devono affrontare la rabbia e i conflitti quotidiani; lo sport diventa uno spazio sicuro in cui imparare a esprimersi in modo sano. In questo momento cerchiamo sponsor per avere maglie e attrezzature adeguate, per dare a tutti un senso di appartenenza.

Avete anche progetti creativi, come il laboratorio sulle emozioni con uno psicologo. Come funziona?
Lavoriamo molto con strumenti creativi e narrativi. Lo psicologo, ad esempio, segue un piccolo gruppo in cui, attraverso l’arte e la scrittura, i ragazzi esplorano e condividono le proprie emozioni. Non è un percorso terapeutico, ma un’occasione educativa per conoscersi meglio, sviluppare empatia e raccontarsi. Abbiamo avuto anche un progetto di fotografia in natura con Isacco Emiliani, che ha unito la scoperta del territorio del podere Pantaleone alla creatività.
Quali sono le sfide principali per il futuro di L’Agorà?
La prima sfida è farci conoscere di più sul territorio. Siamo un centro giovane, nato due anni fa, e vorremmo che sempre più famiglie, scuole e realtà locali collaborassero con noi. Un’altra esigenza è quella di coinvolgere nuovi volontari, persone che possano portare il loro tempo e le loro competenze.
Parla spesso del gruppo come elemento centrale. Perché?
Il gruppo ha una forza incredibile: offre appartenenza, sicurezza e una rete di sostegno. Molti ragazzi vivono situazioni difficili e L’Agorà diventa per loro una “casa” accogliente. Spesso tornano anche quando passano alle superiori, perché qui si sentono accolti e compresi. Credo che oggi i giovani abbiano bisogno soprattutto di riferimenti educativi solidi, non giudicanti, capaci di accompagnarli con regole chiare ma con apertura.
Avete parlato anche dell’uso dei social in modo educativo. Può raccontarci di più?
Sì, abbiamo aperto un profilo Instagram per lavorare insieme ai ragazzi sull’uso consapevole dei social, condividendo contenuti educativi e riflettendo sui rischi e le potenzialità di questi strumenti.
Quanto è importante l’ambiente?
La cura degli spazi è fondamentale. Vogliamo che i ragazzi trovino un luogo dignitoso, decoroso e accogliente. La merenda, la pulizia, l’organizzazione degli ambienti: tutto contribuisce a trasmettere il senso di rispetto per sé e per gli altri.
Samuele Marchi