Le sue eroine sono artiste rivoluzionarie, pioniere di un tempo che verrà, ma dimenticate dalla storia. La scrittrice faentina Annalisa Fabbri, con cinque libri all’attivo e due di prossima uscita, punta a far riscoprire figure femminili di spicco che la storia non ci ha riconsegnato, oppure scorci di vita inediti di artisti come Van Gogh o Monet. La sua ultima fatica Ero l’amante di Rodin (Capponi Editore), vincitore di ben sette premi, è stato fonte di ispirazione di uno spettacolo teatrale. Sakuntala andrà in scena sabato 9 novembre alle 21 alla sala Fellini di Faenza. Lo spettacolo è diretto da Demian Aprea e Ilaria Sartini, con un testo firmato da Gennaro Francione e un adattamento teatrale curato dallo stesso Aprea. L’opera racconta la vita intensa e tormentata della scultrice francese Camille Claudel, nota non solo per il suo incredibile talento, ma anche per la travagliata relazione con il celebre scultore Auguste Rodin.
Fabbri, i suoi romanzi sono quasi tutti ambientati in Francia. Perché?
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la Francia è stata la vetta dell’arte, come Roma e Firenze durante il Rinascimento. Le eroine che ho voluto riscoprire vivevano in quel contesto vibrante, ma sono state dimenticate.
Perché ha scelto di concentrarsi sulle figure femminili?
Le donne hanno bisogno di essere raccontate. Nonostante il mio interesse per artisti come Monet e Van Gogh, mi sono accorta della mancanza di attenzione verso le artiste del passato. Purtroppo la società era discriminatoria, specie nei confronti delle donne di estrazione borghese, per le quali l’arte doveva rimanere un passatempo. C’è bisogno di riportarle alla memoria. Pur essendo molto considerate dai contemporanei, la storia dell’arte successiva non ci ha consegnato i loro nomi.
Cosa rappresenta per lei “Ero l’amante di Rodin”?
Il titolo è volutamente sminuente. Camille Claudel è una donna che ha sofferto per tutta vita. Pur essendo una scultrice di enorme talento, definita geniale dai contemporanei, è stata relegata al ruolo di amante del maestro e pagherà con l’internamento in manicomio questa relazione scomoda, dato che Rodin conviveva già con un’altra donna. Molte delle sculture firmate da Rodin furono progettate da lei, ma non lo sa nessuno.
Camille in fondo è una pioniera.
Sì, le femministe ne hanno fatto una bandiera. Nel 1881 nacque un’associazione tra pittrici e scultrici da cui però Camille prese le distanze. Si è sempre rifiutata di esporre in saloni separatisti, perchè voleva essere trattata alla stessa stregua degli uomini.
Le figure maschili sono rappresentate tutte in modo negativo?
Sì, perchè purtroppo questa è una vicenda accaduta realmente. Tutte, tranne il padre di Camille. Fu lui a trasferire la famiglia a Parigi per consentire a Camille di frequentare l’Académie Colarossi. Fu una figura protettiva e subito dopo la sua morte, tempo una settimana, Camille verrà internata. Il suo tragico destino porta la firma della madre e del fratello Paul. All’epoca bastava un certificato medico per rinchiudere una donna. Una volta in manicomio, Camille venne messa in isolamento e morirà sola, senza ricevere visite per trent’anni. L’internamento in manicomio era uno strumento molto usato al tempo per salvaguardare il buon nome della famiglia e arginare uno scandalo.
Raccontare queste storie non è semplice, eppure non c’è rabbia nelle pieghe del romanzo.
La storia deve essere raccontata con onestà, senza lasciar trasparire la rabbia o sentimenti personali. E’ ovvio che la rabbia, come donna, l’ho provata, ma non ho voluta trasferirla nel romanzo. Bisogna essere consapevoli del tempo storico in cui queste donne sono vissute: lo stampo patriarcale, i rigidi codici morali con spazi distinti tra uomini e donne.
Come si svolge la sua ricerca storica per costruire le storie dei suoi romanzi?
Inizio con una vasta raccolta di fonti. Visito mostre, musei e leggo opere che parlano delle mie protagoniste, scegliendo una vasta bibliografia e scartando le fonti meno autorevoli. Mi sono recata in Francia e ho visitato le mostre che espongono le opere di Camille, le case dove è vissuta e il museo a lei dedicato. La bibliografia è fondamentale per dare una base solida ai miei racconti. Una volta fissati i tratti certi della vita del personaggio lungo una linea del tempo per rispettare i fatti, resta la storia da costruire, le scene di vita quotidiana, i dialoghi e così via. Ogni romanzo richiede anni di lavoro.
“Ero l’amante di Rodin” ha ispirato anche uno spettacolo teatrale. Cosa ne pensa di questa trasposizione?
Lo pièce ha catturato gli elementi chiave del libro. È emozionante vedere i personaggi prendere vita sul palco, interpretati da attori professionisti, che recitano con un’inflessione francese, cosa difficilissima.
Come sceglie i soggetti dei romanzi?
Innanzitutto devono emozionarmi. Poi prendo ispirazione anche dal mio vissuto. Gestisco un bed & breakfast e ho occasione di incontrare molti turisti e viaggiatori.
Tra i suoi romanzi, quale preferisce?
I fiori di Montmartre, perché la protagonista, Suzanne Valdon, è una donna divertente e ribelle. Fu la prima pittrice a esporre al Salon del 1884. Anche lei è stata dimenticata.
Cosa bolle in pentola?
Sto lavorando a due inediti. Uno di questi, ambientato sempre in Francia, parlerà di Amedeo Modigliani, visto attraverso gli occhi di quindici donne che hanno incrociato il suo cammino. Il secondo, invece, è una novità assoluta per me, perché è ambientato negli anni ’80.É la storia di una giovane neolaureata che apre una lavanderia che diverrà un crocevia di storie: un libro divertente, ma anche doloroso, come la vita.
Barbara Fichera