Il progetto per la messa in sicurezza del Borgo comincia a prendere forma. Dopo aver ottenuto, qualche settimana fa, il finanziamento di 2,8 milioni di euro dalla Struttura commissariale e l’appoggio della Regione con la visita in città di Irene Priolo presidente ad interim, il Comune sta lavorando per la sua realizzazione.
Due i fronti previsti dal progetto: aree esondabili e barriere
Due sono i fronti previsti dal piano: da un lato l’acquisto dei terreni agricoli compresi tra via Cimatti e il Marzeno, e dall’altro la progettazione di una barriera in grado di difendere il Borgo dalle esondazioni. «Il progetto su cui stiamo lavorando è di natura difensiva e non preventiva – ha anticipato il sindaco di Faenza, Massimo Isola – e si pone l’obiettivo di ampliare la capacità di resistenza della città di fronte a una possibile esondazione del Marzeno». Un piano a cui il Comune lavora già da parecchi mesi. «A febbraio di quest’anno lo avevamo candidato per il finanziamento», precisa Isola. La burocrazia ne aveva rallentato l’iter, fino ad arrivare all’ultima ordinanza del commissario Figliuolo che ne ha sancito ufficialmente il via libera. Il progetto costerà più dei 2,8 milioni di euro messi a disposizione da Figliuolo. «Abbiamo integrato con altre risorse legate alla somma urgenza», aggiunge Isola.
L’area allagabile sorgerà su un terreno di dieci ettari potrà contenere circa 300mila metri cubi d’acqua.
Intanto stanno procedendo spedite le trattative tra il Comune e i tre proprietari dei terreni. Dieci ettari in tutto, oggi coltivati a frutteto, ma destinati ad accogliere le aree esondabili, che dovrebbero riuscire a contenere circa 300mila metri cubi d’acqua. «Le trattative sono ben avviate – spiega Isola -. Il nostro obiettivo, da raggiungere nel più breve tempo possibile, è di entrare nei terreni e iniziare a lavorarli. Questo significa espiantare le colture, trasformarli in prato, e renderli in grado di accogliere e contenere l’acqua nel momento in cui fosse necessario». I proprietari hanno già dato il permesso di entrare nelle terre e, appena le condizioni meteo lo consentiranno, le ruspe toglieranno i filari e il fango accumulato.
Isola: “Sarà un’area di resistenza”
L’intenzione del Comune è di procedere rapidamente. «Non sarà una cassa di espansione, né una vasca di laminazione – precisa Isola – ma un’area esondabile, di resistenza. Significa che se l’acqua dovesse uscire dagli argini, faremo in modo che quei terreni ne possano accogliere il più possibile». Le aree allagabili funzionano come bacini temporanei, immagazzinando l’acqua in eccesso e rilasciandola gradualmente quando il livello dei fiumi scende e torna nella norma. All’interno dell’area, la velocità dell’acqua viene rallentata dalla vegetazione o da apposite strutture, come griglie o paratie, e poi rilasciata lentamente, tramite un sistema di valvole, tubi e canali. L’area potrà contenere un volume d’acqua pari a quello di molte piscine olimpioniche ma, se sarà in grado di ’tenere’ impatti come quello del settembre scorso, non sarà sufficiente, da sola, a reggere alluvioni come quella del 16-17 maggio del 2023. Le aree allagabili, insieme ai rilevati (barriere), oltre a proteggere via Cimatti, dovranno evitare che l’acqua accumulata esondi nel Lamone e ne eroda l’argine. Per questo si scaverà il meno possibile in profondità, e verranno realizzate arginature extra. Infine, le barriere erette dovranno impedire che l’acqua fuoriesca in direzione del cimitero di guerra. Insomma, interventi complessi che vanno a instaurarsi su equilibri delicati.
«È evidente che tutto ciò è possibile nella misura in cui l’ipotetica accoglienza dell’acqua non metta in discussione la tenuta degli argini del Lamone. La messa in sicurezza di un’area della città non può e non deve andare a discapito di un’altra. Per questo ci tenevamo ad avere l’approvazione della Regione: è di sua competenza valutare la sostenibilità in termini di sicurezza idraulica del progetto, che abbiamo depositato ufficialmente giovedì scorso». Sarà poi compito della Regione occuparsi direttamente del torrente e delle aree golenali.
Barbara Fichera