L’emergenza non è conclusa. Se da un lato si sta lavorando in fretta e furia per ripristinare argini e strade, dall’altro appare sempre più chiaro che così non va. Non basta dare la colpa all’emergenza climatica e alla mancata manutenzione dei fiumi, perché il problema è a monte. Infrastrutture vecchie e inadeguate, errori di pianificazione che risalgono al secondo dopoguerra con case e aree industriali costruite a ridosso dei fiumi, soffocati in argini sempre più stretti. Non solo: urge una semplificazione amministrativa che velocizzi progetti per la messa in sicurezza del territorio, come quello per il Marzeno, fermo da mesi al Ministero. Come se non bastasse, è arrivato puntale anche lo scaricabarile tra istituzioni che si rimpallano responsabilità, quando invece servirebbe coesione. Una giungla da cui cittadini e imprese, già devastati dall’emergenza, si sentono soffocati.
Il punto con Massimo Rosetti, presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Ravenna
Ingegner Rosetti, ci vorrebbe una bacchetta magica…
Non esistono risposte immediate e soluzioni facili, il discorso è molto più ampio.
La situazione di Faenza è complessa, con due fiumi che si incontrano in pieno centro abitato.
Non è l’unica città interessata da due fiumi: in Italia abbiamo Alessandria, Terni, Cuneo, Rovigo mentre all’estero un bell’esempio è Lione. Grandi città o metropoli realizzate in prossimità di fiumi e laghi e, come Faenza, attraversate o costeggiate da corsi d’acqua: Roma, Firenze, Londra, Parigi, Vienna, Praga, Copenaghen solo per citarne alcune. Un tempo i fiumi fornivano commercio, acqua per bere ed irrigare ed erano importanti vie di comunicazione e di difesa naturale. Nel tempo hanno subito un’involuzione, trasformandosi in un problema. Alcune città hanno subito nel recente passato periodiche e devastanti inondazioni con danni ingenti, morti e sfollati come Praga o Copenaghen.
Cambiamenti climatici, ma anche errori di pianificazione decennali stanno creando situazioni esplosive nel nostro territorio, e adesso?
Non è facile, economico ed immediato risolvere questi problemi che derivano dall’evoluzione e dalla storia delle città e del territorio, dalle opere realizzate nel tempo dall’uomo, magari senza specifici strumenti urbanistici, dall’impermeabilizzazione e antropizzazione del suolo nelle aree urbane (ossia la copertura del terreno con infrastrutture come edifici, strade e marciapiedi), dalla gestione delle reti fognarie e di scolo, e così via.
Serve una pianificazione di ampio respiro ma nel frattempo, che fare?
Oltre a mettere in campo azioni immediate e periodiche di manutenzione ordinaria come controlli arginali, sfalci, pulizie, occorre eseguire un’analisi approfondita della vulnerabilità della città e del territorio alle inondazioni e progettare un conseguente Piano di gestione dei nubifragi, inteso come sinergia tra infrastrutture “grigie” tradizionali, infrastrutture “verdi” e soluzioni basate sulla natura.
Ci spieghi meglio.
Le infrastrutture “grigie” intese come strutture artificiali a base di calcestruzzo, come barriere fisse e mobili e valvole di sicurezza nella rete di canalizzazione lungo il fiume, da sole potrebbero essere insufficienti e persino dannose, soprattutto perché i cambiamenti climatici portano a fenomeni meteorologici più estremi che possono condurre a inondazioni importanti. Sono infrastrutture molto costose, che potrebbero aumentare il rischio di inondazioni a valle.
Come intervenire quindi?
La progettazione idraulica e idrologica dovrebbe essere incentrata e sinergica tra infrastrutture grigie tradizionali e infrastrutture verdi e soluzioni basate sulla natura, migliorando la regolazione e il drenaggio dell’acqua, predisponendo un numero maggiore di spazi verdi, la eventuale ricanalizzazione e risezionamento degli alvei, che nel tempo hanno subito restringimenti e innalzamenti del proprio letto. E poi la realizzazione e riapertura di nuovi corsi d’acqua, la costruzione di nuovi canali e la creazione di laghi e/o bacini di espansione.
Quindi è la natura stessa ad indicarci le soluzioni, considerando che dovremo necessariamente adattarci ai cambiamenti climatici.
Lavorare in sinergia con gli elementi del paesaggio naturale è probabilmente più economico, più facile da mantenere e sicuramente più rispettoso dell’ambiente. Attribuire il maggiore o, addirittura, l’unico peso solo alla crisi climatica, alla mala gestione o al dissesto del territorio è però un errore a mio avviso. Ritengo che questi aspetti siano invece complementari. Sia che venga garantito un approvvigionamento idrico affidabile, sia che si trattino le acque reflue o che ci si prepari a inondazioni o a carenza idrica, la gestione dell’acqua in una città richiede non solo una complessa ed efficiente pianificazione e lungimiranza, ma anche notevoli investimenti economici e tempistiche di progettazione e realizzazione considerevoli.
E la burocrazia non aiuta.
Per ottenere buoni risultati e abbreviare i procedimenti emergenziali e pianificatori, è fondamentale la sburocratizzazione degli iter autorizzativi a tutti i livelli, locale e statale, con deroghe ai vincoli normativi e legislativi vigenti.
Tante cose da fare, ma chi paga? La polemica tra Governo, Regione e Enti locali degli ultimi giorni verte tutta su fondi richiesti, mai stanziati o mai arrivati “a terra”.
Polemiche e schermaglie politiche sono inutili e controproducenti. Siamo tutti cittadini italiani, è ora di rimboccarsi le maniche, restare uniti, lavorare per aiutare le persone e le aree colpite dall’alluvione e ripartire al più presto.
Quali altre azioni mettere in campo?
In futuro bisognerà agire anche sulla formazione e sensibilizzazione della popolazione sviluppando la cultura della comunicazione e della prevenzione. Purtroppo la gente non è sufficientemente preparata ad eventi di questo tipo.
Il vostro ordine è anche al servizio della popolazione
Noi ingegneri ci siamo. Occorre un coordinamento provinciale delle attività: solo lavorando insieme, con metodo e organizzazione, i professionisti potranno fornire alle Amministrazioni e di conseguenza alla cittadinanza le loro competenze in un momento davvero difficile.