Torna a far parlare di sé Casa Caldesi, più conosciuta dai faentini come Case Manfredi, complesso risalente al XIII secolo e ubicato nel cuore della città, all’angolo tra via Manfredi e via Comandini, adiacente alla Biblioteca Manfrediana. Qualche settimana fa è stata addirittura transennata ed interdetta una strada, via Foschini, per il crollo del tetto in un’ala del complesso architettonico, abbandonato ormai dal 1988 e in stato di forte degrado. Non c’è stata dunque la svolta, auspicata nel maggio 2019, quando Case Manfredi furono acquistate dalla società riminese Group Costruzioni srl, per 750mila euro. Fu l’unica offerta ricevuta dal Comune di Faenza che, da contratto, nell’ambito del progetto di rigenerazione dello stabile, avrebbe ricevuto 250 metri quadri, ristrutturati al grezzo, con la possibilità dunque di ampliare gli spazi a disposizione della Biblioteca. I restanti 3mila metri quadri dovevano invece essere recuperati ad uso abitativo, quindi realizzando appartamenti, con altri 1.300 metri quadri destinati a diventare terrazzi, portici, e cantine, per un investimento stimato intorno ai sei milioni di euro. Il progetto vide la forte opposizione di Italia Nostra che accusò l’amministrazione comunale, tramite la vendita, di «volersi sbarazzare del problema, consegnando ad una società privata un bene comune che rimane una delle eccellenze storiche ed architettoniche della città». Ciò che è certo è che a distanza di cinque anni il destino di Case Manfredi è ancora incerto con il progetto di recupero che ha subito un brusco stop, dopo la scomparsa di uno dei soci della società acquirente e la preoccupazione che possano esserci ulteriori crolli. È infatti stata emanata un’ordinanza sindacale, a seguito del verbale redatto dai Vigili del Fuoco giunti sul posto dopo il crollo del tetto, che impone alla società proprietaria dell’immobile di «provvedere con urgenza alla messa in sicurezza della struttura crollata e delle adiacenti danneggiate».
La storia di Case Manfredi
Visto il nome con cui è conosciuta in città, da questa residenza storica ci si aspetterebbe che fosse legata a doppio filo alle vicende della famiglia Manfredi, ma in realtà non è così. Come dimostrato da Lucio Donati nel 2010, la casata che governò Faenza dal 1313 al 1501 non abitò mai in questi edifici, mentre è assolutamente certo che l’ultimo proprietario nobile del complesso fu la famiglia Caldesi, che l’acquistò nel 1778 e a cui si devono la creazione della Galleria neoclassica e i decori di Felice Giani. All’interno sono poi presenti altre decorazioni attribuite a Pietro Piani, Pasquale Saviotti e Antonio Liverani. Arrivando ai giorni nostri, Casa Caldesi è stata abbandonata nel 1988 e il Comune di Faenza è riuscito ad acquistarla, dopo vari tentativi, nel 2001, per una cifra vicina ai 2 milioni di euro e con l’intenzione di utilizzare gli spazi per ampliare la Biblioteca Comunale. Nel 2019 poi la vendita a Group Costruzioni srl. Casa Caldesi fa parte di un complesso più ampio che comprende oltre alla Biblioteca anche la Chiesa dei Servi, altro luogo chiave del centro storico faentino, al centro di tanti progetti di recupero ma, al momento, ancora in stato di totale abbandono.
Samuele Bondi