«È sempre alta l’attenzione a contrastare lavoro grigio e caporalato in agricoltura». A parlare è Roberto Cangini, segretario generale della Fai Cisl Romagna. «Nelle nostre aziende agricole lavorano i proprietari, spesso non più giovani, e gli operai che vengono chiamati in base alle esigenze stagionali e assunti a giornata. Nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori agricoli di campo o di cooperazione per la conduzione terreni, che migrano da un territorio all’altro in base a dove vi è richiesta di manodopera». Siamo di fronte a situazioni di sfruttamento come quello che ha ucciso nelle campagne di Latina il giovane Satnam?
Cangini: «ll lavoro grigio in agricoltura esiste anche da noi»
Cangini parla di lavoro grigio anche se si tratta di lavoratori per la maggior parte della stagione invisibili al fisco e alle tutele contrattuali. «Spesso il datore di lavoro non dichiara con precisione tutte le giornate lavorate – spiega Cangini –. Capita di frequente di incontrare, agli sportelli del sindacato, braccianti che dichiarano di aver lavorato per 12 mesi, ma dalle loro buste paga risulta che sono stati impiegati solo poche settimane. È questo il lavoro grigio, legato anche a una questione culturale, per cui il datore di lavoro paga in contanti, ma non dichiara tutte le ore».
Sono 10.800 i lavoratori agricoli impiegati nella provincia di Ravenna. «Circa 3mila sono al di sotto delle 51 giornate di lavoro, periodo minimo per poter accedere alle prestazioni sanitarie, o alle 102 giornate, in due anni, necessarie per avere diritto alla disoccupazione agricola. Quindi un terzo del lavoratori non matura questi requisiti: pur considerando che tra questi 3mila braccianti vi possano essere dei pensionati o giovani che si dedicano a questa attività solo occasionalmente, temiamo che una parte prevalente siano lavoratori grigi».
Il rischio false cooperative guidate dai caporali
I cambiamenti climatici hanno una ricaduta diretta sulle giornate lavorative dei braccianti agricoli: «Nel 2023, gli allagamenti hanno distrutti intere aree agricole della Romagna o le frane ne hanno limitato i collegamenti e quindi la possibilità di lavorare. Un altro problema è legato alle invasioni di insetti alieni, come la cimice asiatica, che possono danneggiare i raccolti, e limitare il lavoro, o le cavallette e, negli ultimi anni, i periodi di siccità. Tutto ciò incide anche sui lavoratori del comparto» spiega il segretario generale della Fai Cisl Romagna. In provincia di Forlì-Cesena i braccianti stranieri impiegati in agricoltura sono il 60% del totale dei lavoratori, mentre in provincia di Ravenna circa il 54%. La maggior parte è immigrata dall’Africa ed è giunta in Italia tramite i Decreti flussi o sui barconi. Cangini sottolinea che la situazione in Romagna non è paragonabile a quella di altre aree del sud Italia, dove la manodopera è nelle mani delle criminalità organizzata, ma non si può neppure sottovalutare il pericolo. «Da noi, come accadde alcuni anni fa a Bagnara di Romagna, c’è il rischio che i lavoratori vengano assunti da false cooperative guidate da caporali – ricorda – che offrono agli agricoltori manodopera a costi bassi, pagando i lavoratori solo qualche decina di euro al giorno e trattenendo per sé parte del guadagno. Oltre alla terribile piaga dello sfruttamento, queste false cooperative fanno dumping e penalizzano le cooperative oneste».
Tra le criticità i mancati controlli e l’aumento di infortuni
Tra le criticità che il sindacalista cislino evidenzia rispetto al lavoro sommerso o irregolare, vi sono i mancati controlli: «Da alcuni anni, dopo la riorganizzazione di alcuni enti di controllo, il numero del personale all’interno degli Ispettorati del Lavoro ha avuto una contrazione. È un servizio che, come sindacati, da tempo chiediamo che venga potenziato – fa notare – perché siamo di fronte a una battaglia che non potremo mai vincere». Sono in aumento gli infortuni sul lavoro nel settore dell’agricoltura: a livello regionale, i dati Inail indicano che tra gennaio e aprile 2023 ne sono stati denunciati 177, mentre tra gennaio e aprile 2024, sono stati 193. A Ravenna le organizzazioni sindacali e datoriali hanno trovato un accordo bilaterale per l’istituzione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale (i Rlst), che opereranno nelle aziende che non hanno il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, e aiuteranno le attività agricole ad attuare i presidi per la sicurezza, salvaguardando la salute dei lavoratori: «A volte basta implementare delle piccole migliorie per ottenere dei risultati importanti – conclude Cangini –. E proprio su questo fronte è importante la formazione. Salvare anche una sola vita o evitare un danno permanente è una vittoria. Purtroppo però c’è ancora molto da fare».
Sara Pietracci