Antonio carissimo, amore mio,

siamo qui in tanti per chiedere al Signore di farti fare l’ultima corsa e volo verso il cielo e accoglierti tra le Sue braccia come tu hai sperato per tutta la vita.

Nel libretto del nostro matrimonio, avvenuto 35 anni fa, in copertina avevamo messo una frase di una canzone di padre Daniele che diceva così: “Coi colori dell’amore dipingerò la vita, per tendere a Dio vera meta”  e questo è stato proprio il filo conduttore di tutta la tua vita: cercare sempre attraverso cose belle, allegre, vere, di portare le persone a Dio.

Tu hai vissuto una vita bella e intensa, in ogni momento hai voluto  seguire quello che avevi nel cuore, uno slancio entusiasta e una ricerca continua di cose belle da fare per gli altri, per i piccoli.

Ci siamo conosciuti nella grande e bella famiglia dell’Operazione Mato Grosso e tu hai sempre cercato di guardare e imitare il padre Ugo su come stare con i ragazzi e cosa fare per loro.

Il padre Ugo poi ti ha preso per mano e indicato qualcuno al di là di lui: “Antonio, stai con i ragazzi più piccoli, fai l’oratorio e guarda Don Bosco, impara da lui come stare tra i giovani” e così hai fatto! Ti sei appassionato tantissimo a don Bosco e  frugando continuamente nella sua vita hai pensato, creato, ideato e organizzato tantissime cose per avvicinare i ragazzi, farli stare allegri e dire loro che c’è Dio e che tutti abbiamo il compito di salvare la nostra anima.

Con un ritmo quasi frenetico e continuo hai realizzato tantissime cose, è quasi impossibile elencarle tutte: hai organizzato campi, campi di lavoro, raccolte viveri per i poveri, scritto e messo in scena decine di recital e spettacoli, attuazioni sulla vita di tanti santi, Via Crucis anche colossali (una via Crucis in particolare che parte da Trebbana e arriva fino in cima al monte), scritto veglie, lezioni di catechesi, concorsi tra oratori, curato gli anniversari di padre Daniele per il grande affetto e amicizia che hai avuto per tutta la vita verso di lui, e tanto, tanto altro ancora.

Ma la tua specialità assoluta sono stati i grest, ne hai ideato e realizzato ben 35, pensando tutto nei minimi particolari, quanta fantasia! Ogni  edizione doveva  essere diversa,  quanto lavoro fisico e materiale, quanta preoccupazione che a volte certamente hai mostrato lasciando venir fuori  il tuo carattere forte, ma troppo irruente e impaziente (quanti gridi in mezzo al campo sportivo!!!)

Tutto doveva essere curato: i momenti di preghiera ben fatti, il canto curatissimo,  giochi sempre pensati e con regole ben precise, momenti di carità ben motivati, niente tecnologia cercare di comprare meno cose possibile, essere semplici e essenziali.

Su alcune principi eri intransigente e non concedevi deroghe “Siamo al grest per stare tutti insieme, si fanno le cose insieme, i più grandi devono essere sempre attenti ai più piccoli, ogni cosa che si fa, va fatta bene, con arte!”.

Quante volte ti ho sentito dire: “Tutto ciò che facciamo è educativo perché i piccoli comunque ci guardano e ogni passo è un’impronta che lasciamo, perciò dobbiamo stare molto attenti alla direzione che diamo al nostro fare”.

Hai avuto sempre anche un grande affetto per la tua chiesa, per la Chiesa che è in Faenza-Modigliana e hai  cercato di servirla con tante attività. In particolare il poter vivere nella canonica della chiesa della Pace è stata per noi un’avventura ricca e bellissima. Sostenuto dalla fiducia del ns parroco don Marco  hai trasformato la parrocchia in una  fucina, un luogo di incontro per tanti ragazzi,  un laboratorio continuo di tanti lavori,  sapevi fare tantissime cose con le tue mani, il tutto però  condito anche dal  tuo incorreggibile disordine.

Quando poi il Vescovo Mario ha avuto l’azzardata idea di proporci la direzione dell’Ufficio Missionario Diocesano io ero abbastanza decisa a rispondere di no, ma tu invece mi hai detto: “perché no? lo facciamo insieme, come coppia, ce l’hanno chiesto non possiamo rifiutare, vedrai che in tanti ci aiuteranno!

 Da questo vorrei ricavare una riflessione: quando a chiederci qualcosa sono i poveri, gli ultimi, i piccoli, i bambini, o gli uomini di Dio, in realtà è il Signore che ci parla e non si può  rispondere di no a Dio, altrimenti rischiamo di vivere una vita infelice e senza senso. Se vogliamo essere felici rispondiamo  SI’, certo questo comporterà lavoro e sacrificio, ma ci regalerà una vita piena.

Antonio ha sempre lavorato come umile operaio agricolo guadagnandosi il pane con il sudore della sua fronte, un lavoro fisico in mezzo alla natura che gli permetteva di pensare continuamente ai suoi sogni e progetti, non ha mai tenuto nulla per se, era essenzialissimo in ogni cosa, dovevo sempre litigare per fargli indossare una maglietta nuova. La giornata era tutta piena, dalle sei a mezzanotte, mai un giorno di ferie, il suo riposo era stare tra i ragazzi anche sotto al sole.

A tutti, per ricordare bene Antonio, vorrei lasciare queste tre cose:

  • recitare con devozione l’Ave Maria (Don Bosco ai suoi ragazzi chiedeva di dirne 3 prima di addormentarsi)
  • cantare tanto, cantare bene, cantare insieme,
  • fare OGNI GIORNO qualcosa per gli altri.

Ti ringraziamo Signore per averci regalato Antonio.

 Io ti ringrazio Signore per avermelo dato come  sposo buono, fedele e allegro,

Ti ringraziano le nostre figlie per averglielo donato come padre.

Antonella