«Dovrebbe essere la normalità e mi sorprende che a distanza di anni ancora se ne parli». Fabio Gramellini, dirigente scolastico dell’Istituto tecnico Oriani di Faenza, da otto anni rilascia interviste alla stampa locale e nazionale perché la sua è una delle poche scuole superiori in Italia ad aver vietato l’uso del cellulare in classe. A Faenza, al momento, è l’unico esempio virtuoso di questo tipo. «Non ho imposto nessun obbligo e, soprattutto, non mi sono inventato niente – si schermisce – perché è la legge italiana che stabilisce il divieto dell’utilizzo dei dispositivi in classe». L’ultima circolare del Ministero dell’istruzione in merito risale al 2022, ma già dal 2007 in Italia è vietato l’utilizzo degli smartphone durante le ore di lezione, «trattandosi di uno strumento di distrazione per gli alunni e una mancanza di rispetto per l’insegnante». La Commissione del Senato aveva elencato all’epoca gli effetti deleteri generati dall’uso eccessivo di smartphone e videogiochi: miopia, obesità, ipertensione, diabete, ma soprattutto dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, calo dell’empatia.
Niente cellulare in classe neanche per gli insegnanti fino al suono della campanella
Non avere il cellulare a portata di mano in classe significa avere meno occasioni di distrazioni e disturbo e un maggiore stimolo delle proprie capacità: concentrazione, focus, memoria, dialettica. «Inizialmente utilizzavamo scatole di plastica – racconta Gramellini – ma oggi ogni aula è dotata di una fila di tasche numerate in cui gli studenti depositano gli smartphone prima dell’inizio delle lezioni: è un sistema ormai collaudato. Devo dire che non abbiamo registrato lamentele, né furti e non è stato un deterrente per i nuovi iscritti che, anzi, aumentano ogni anno». Il cellulare non può essere utilizzato in classe neanche nei momenti di pausa, nel cambio dell’ora ad esempio, durante l’intervallo o in palestra, fino al suono dell’ultima campanella. Stesso divieto anche per i docenti.
Il dirigente Gramellini: «Fare rispettare le regole costa fatica»
Viene da chiedersi se i ragazzi provano a fare i furbi. «È ovvio che cercano sistemi per aggirare le regole con l’utilizzo degli smartwatch – precisa Gramellini -. Se invece li peschiamo con il cellulare in mano, avvisiamo le famiglie che vengono a ritirare il dispositivo. Un’occasione per segnalare un eventuale problema, ma soprattutto per sensibilizzare sui rischi. Se il cellulare viene utilizzato per copiare compiti e verifiche scatta, come da prassi, la nota disciplinare». Qualche malumore è inevitabile, ma il sistema tiene. «Non abbiamo il fucile puntato, ma fare rispettare le regole costa fatica – aggiunge –. Sarebbe più facile chiudere un occhio. Frasi del tipo ‘sono maturi’, ‘mi fido’ nascondono troppa arrendevolezza e un’incapacità di mettere regole e paletti».
«Non delegate tutto a uno strumento e imparate a ragionare con la vostra testa»
Tra gli effetti più allarmanti dell’abuso dei cellulari, la progressiva perdita della capacità di concentrazione, memoria, senso critico, adattabilità e capacità dialettica. «I ragazzi dimenticano che non sono manager di borsa – scherza il dirigente dell’Oriani – e che non c’è motivo per stare tutto il tempo appiccicati allo schermo». Tra chat, social e app, che fanno scattare centinaia di notifiche al giorno, gli adolescenti rischiano di cadere in un loop. «Non abbiamo la presunzione di invertire il problema della dipendenza con 4 o 5 ore di divieto al giorno. Quello che ci preme è mandare un messaggio: non delegare tutto a uno strumento e imparare a ragionare con la propria testa, piuttosto che con l’intelligenza artificiale. Non siamo nemici della tecnologia, siamo un istituto tecnico, ma vogliamo utilizzarla a supporto delle nostre potenzialità, non in sostituzione. Mi interessa anche salvaguardare il lavoro e la dignità degli insegnanti: è deprimente vedere come altri non prendano provvedimenti. Capita sempre più spesso che i ragazzi guardino video sui cellulari mentre gli insegnanti spiegano». Un’ultima domanda prima dei saluti: com’è il momento dell’intervallo in una scuola senza smartphone? «Chi viene a farci visita si stupisce: non ci sono ragazzi rintanati in qualche angolo piegati sullo schermo, ma chiasso, scherzi e risate nelle aule e nei corridoi, come avveniva in tutte le scuole fino a qualche decennio fa».
Barbara Fichera