Informare, prevenire, ma anche creare spazi di dialogo per far emergere fenomeni di violenza, sono stati gli obiettivi della due giorni dedicata al delicato tema del bullismo e cyberbullismo promosso da Bitways in collaborazione con l’associazione Educhiamo Aps e le scuole Marri-S.Umiltà di Faenza. “Ci teniamo a mettere in rete famiglie, cittadini e servizi educativi – ha dichiarato Martina Laghi, assessora a Scuola, Formazione e Sport – tenendo al centro temi educativi e aiutando i nostri bimbi a crescere in un contesto sano”.

De Nunzio: “C’è una strage silenziosa di giovani”

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Relatore d’eccezione Fabio De Nunzio, presidente dell’associazione “Bullismo: No grazie” conosciuto al grande pubblico come inviato di Striscia la notizia. Da diversi anni, De Nunzio viaggia in tutta Italia per incontrare alunni e genitori sul tema del bullismo, un lavoro che lo ha portato ad incontrare 80 mila giovani solo negli ultimi due anni. “C’è una strage silenziosa di giovani, perché di cyberbullismo si muore – ha esordito De Nunzio – e la cosa più grave è che spesso i genitori nemmeno si accorgono che c’è un disagio. Quasi ogni giorno registriamo una morte per bullismo o cyberbullismo in Italia, la vittima più giovane aveva appena 9 anni”. Si tratta di un fenomeno in buona parte sommerso, su cui è difficile fare stime e statistiche, perché i giovani sono restii a raccontare e, soprattutto a denunciare. In Emilia Romagna, ad esempio, gli ultimi dati disponibili risalgono al 2022 e in tutta la regione la polizia postale ha registrato 323 casi di cyberbullismo con 128 minori denunciati. Sono dati poco indicativi però, perché come ha spiegato De Nunzio “in tutti i nostri incontri sono emerse situazioni di bullismo, di cui i ragazzi non avevano parlato a nessuno, problemi di incomunicabilità con le famiglie, violenze fisiche o verbali, body shaming. Siamo riusciti, ad esempio, a salvare un ragazzo di terza media che stava pianificando il proprio suicidio con l’aiuto della rete. Alla base del fenomeno ci sono fragilità che noi stessi abbiamo contribuito a rafforzare: manca il dialogo nelle famiglie, si dice sì ad ogni cosa e mancano regole chiare. Il problema è che i giovani sono molto più fragili rispetto a un tempo e compiono gesti estremi perché non vedono una soluzione”.

Lo sharenting: a volte sono i genitori a mettere in pericolo i propri figli

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C’è poi l’uso indiscriminato del cellulare a partire dalle elementari. “Già dalla terza – ha spiegato De Nunzio – i bambini hanno la connessione libera e dalla quarta utilizzano i social a volte con centinaia, altre con migliaia di followers, una serie cioè di potenziali pericoli che possono trasformarsi in trappole. Gli stupri subiti da persone conosciute in rete, ad esempio, sono all’ordine del giorno. Attenzione anche alle chat dei videogames. Spesso dietro a nickname accattivanti si nascondono potenziali pedofili.” Un fenomeno meno conosciuto ma altrettanto pericoloso e in grande crescita è lo sharenting, neologismo inglese che nasce dalla fusione dei termini sharing (condivisione) e parenting (genitorialità). Il termine viene utilizzato dagli esperti per descrivere comportamenti al limite del morboso tenuti dai genitori che condividono foto, video e qualsiasi aspetto della vita dei propri figli sui canali social. Ricordi intimi e momenti speciali che vengono sacrificati sull’altare di una condivisione senza alcun freno nè filtro alla ricerca dell’ennesimo like. “Un comportamento irresponsabile che può innescare altri pericolosi fenomeni come, per esempio, quello del cyberbullismo. Spesso – ha spiegato De Nunzio – le cose pubblicate in rete, finiscono in siti pedopornografici o nel dark web. Attraverso i metadati (informazioni aggiuntive incluse nel file) si possono ricavare preziose informazioni”.

Che fare? Un decalogo per adulti e ragazzi

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Rete e canali social sono utilizzati anche per sfide tra coetanei come le challenge “per questo – ha sottolineato De Nunzio – è fondamentale conoscere sempre le password dei cellulari dei propri figli e controllarli regolarmente. Anche le chat di whatsapp sono da monitorare, specialmente quelle di classe”. Ma esiste una soluzione a questo problema? Secondo De Nunzio no, quello che si può fare è soprattutto prevenzione e molta attenzione. L’associazione “Stop al bullismo” ha stilato un decalogo per ragazzi e genitori e sul sito  www.bullismonograzie.it è possibile trovare molte informazioni utili, ma  “è’ fondamentale tornare al dialogo, dare regole che possano fare da argine, tornare ad essere i punti di riferimento per i propri figli e non rimandare una risposta a domani per stanchezza – ha concluso – perché domani potrebbe essere troppo tardi”.

Barbara Fichera