Messa a San Marco: Domenica 17 marzo alle 15 sarà celebrata la Messa in ricordo del missionario faentino padre Daniele Badiali, presieduta da padre Emanuele Lanfranchi. La celebrazione sarà alla chiesa di San Marco. Si tratta del 27° anniversario dalla morte e, per ricordarlo, più di 200 ragazzi dell'operazione Mato Grosso svolgeranno a Imola un campo di tre giorni (15, 16, 17 marzo) e parteciperanno alla messa. Padre Daniele nacque il 3 marzo 1967 a Ronco di Faenza. Nell'estate del 1977 partecipò al primo campo di lavoro per le missioni dell'Omg. Fu consacrato sacerdote nell'estate 1991. Rapito il 16 marzo 1997 da un bandito, il suo corpo venne ritrovato due giorni dopo. 

Ronco, 26/02/2024

Ogni lunedì vi trovate da 27 anni a pregare il Santo Rosario ricordando padre Daniele Badiali: già questo è un miracolo. Commovente vedere i suoi amici e anche chi non l’ha neppure conosciuto. E’ difficile aggiungere qualcosa su padre Daniele qui, dove ci sono le persone che più l’hanno accompagnato e più gli hanno voluto bene. Dove lui è sepolto, assieme a Paolo, e dove tanti ragazzi, non solo giovani, vengono a chiedergli aiuto; come a un amico sempre pronto a mettersi nei tuoi panni e dirti di non temere nel scegliere il cammino della carità e di scommetterci tutto. Come è stato per lui, velocemente, in pochi anni di corsa.

Ho conosciuto padre Daniele gli ultimi tre anni della sua vita. L’ho conosciuto in Perù come parroco tra i poveri, tra la sua gente in San Luis. Tutta la parte di ragazzo dell’Operazione Mato Grosso, di cammino di gruppo, l’ho scoperta anch’io dopo la sua morte. Per me era il parroco, era un sacerdote al servizio della Chiesa, ma soprattutto concretamente al servizio di padre Ugo. Stava a San Luis, nella parrocchia confinante sia a Chacas che Llamellin. Voleva aiutare il padre, togliergli qualche peso, accompagnarlo. Daniele era giovane, trentenne, forte, veloce, pieno di energia. Padre Ugo anziano, un padre con tanti sogni per i ragazzi ma bisognoso di aiuto. Così ai ritiri Daniele compariva con la chitarra per le confessioni nel taller a qualche incontro importante, si sedeva vicino per ascoltare il padre, per vedere come faceva e imparare, ma lì a disposizione per qualche servizio: un genitore da ascoltare, un povero, un ragazzo da prendere a cuore, penso ad esempio ad Eloy, un disabile che padre Ugo gli ha chiesto di prendere in casa. E così tanti momenti, padre Ugo sogna di andare sulla cima del Huascaràn con i ragazzi del taller. Ecco di nuovo padre Daniele si fa avanti e li accompagna lui. Padre Ugo per riaccendere il fuoco della carità nell’oratorio sulle Ande pensa di iniziare il Rifugio Pisco, Daniele si offre ad accompagnare ogni gruppo di lavoro per tutti i mesi necessari a costruire. Obbedienza, ma non solo, anche tanto affetto e sincero desiderio di servire.

La devozione a Maria

Se penso a padre Daniele come sacerdote ricordo la sua gran devozione a Maria, la Virgen dal manto che protegge e sotto cui rifugiarsi, devozione che arrivava da questa terra, dalla sua famiglia, dalla nonna e anche riscoperta tra le Ande in modo semplice e naturale. Così i suoi canti alla Madonna…l’ultimo, il più belloMami de Dios”… anche quella sera alla S.Messa a Yauya, come canto finale il suo chierichetto glielo mise tra i cartelloni. Avrebbe dovuto essere l’ultimo canto suonato da padre Daniele… Invece lui ci sorprese tutti, appoggiò la chitarra e cantò un canto alla Madonna del dolore, un canto della gente, Salve Dolorosa, un pianto per accompagnare Maria ai piedi della Croce. Ricordo che pensai: “Daniele ce l’hai fatta. Anche in questo sei riuscito a metterti da parte”, come ti diceva sempre padre Giorgio: la chitarra non ti deve inorgoglire, devi imparare a perdere per il Signore. Solo lui deve contare. Padre Giorgio, tanto caro il fratello maggiore, l’amico più caro. Colui che ti sa correggere e accompagnare. L’amicizia vera. L’amico di cordata che attende il Signore con te e come te ha paura, piange, teme di prendere in giro… “L’anima mia ha sete di Te Signore, solo di Te” E lì ritrova padre Ugo coi suoi due consigli: “Daniele, quando ti vengono questi pensieri di vuoto e non senso, subito la confessione e poi lavati la faccia”. Il tuo volto deve somigliare a Gesù. Devi sempre dare speranza. Il dolore, l’angoscia di un Dio che si nasconde offrirlo in ginocchio, come preghiera, in silenzio. Ma dai ragazzi, dalla gente, vai sempre con lo sguardo pieno di speranza. “Cual engaňo, cual dolor, olvidarte mi Seňor..” Daniele sacerdote.

Quel 16 marzo 1997…

Ricordo quella domenica, il 16 marzo 1997… era domenica nel mezzo della preparazione dei bambini alla Prima Comunione. Andando a Yauya, eravamo in sette sulla jeep, tra cui Marcelo dell’Ecuador, Gumercindo, Alvisso… Il padre ci raccontava. Era molto preoccupato. I bambini li vedeva distratti, così i catechisti. “Come faccio a dirgli di Gesù? A farli innamorare del Signore? Che segno posso loro lasciare? Come fargli intuire che nell’Eucarestia c’è Lui e che solo vuole essere accolto e cercato…” La devozione all’Eucarestia. Stare in ginocchio. In silenzio. Invocando Con questa cura preparava ogni dettaglio per la Santa Messa. Tutto doveva essere perfetto. Era il suo modo di dire “Gesù ti amo”. Chierichetti, canti, fiori, persino la tovaglia, la chiesa i bambini disposti in ordine entrare a poco a poco, la genuflessione, il segno della croce. Mi aveva colpito. Lo guardavi e subito un pensiero: non può non esserci qualcosa di vero. Ecco, padre Daniele era un prete devoto a Maria e all’Eucarestia. Poi altri dettagli, una vita intera accanto a padre Ugo e ai ragazzi gli ha fatto scoprire Don Bosco. Da lui l’allegria pulita dell’oratorio, non stare in ozio quindi il lavoro duro che aveva già vissuto dell’Omg, la carità e soprattutto la confessione. Pensate che prima di quella domenica (16 marzo 1997) aveva fatto otto settimane intense con turni di 200 bambini a Luz y Alegria, la preparazione della Cresima dove si ripercorre la vita di Gesù. Il venerdì era il giorno della Passione, Daniele lo rivedeva su di sé, sentiva i colpi della distrazione,, della superficialità dei bambini e poi, dopo un giorno con la corona di spine in testa, finalmente la confessione. Quanto aveva confessato in quelle settimane! Era pronto. Sicuramente.

A novembre padre Ugo e padre Giorgio gli chiesero di fermarsi al posto loro in missione perché avevano i ritiri in Italia fino a marzo. Daniele Accettò. Tutti quei mesi correva per Messe e confessioni a Luz y Alegria e a tutte le costure e forestazioni e le altre attività di Chacas, San Luis, Yanama, Tomanga, Sapchà, Pomallucay, Yauya e Llamellin, Chacco, Aczo, Uco. Era stravolto, non solo fisicamente. Sempre quel giorno, domenica, sul carro ci raccontava che il mercoledì sarebbe arrivato padre Ugo e che lui era combattuto: da un lato desiderava tanto andare a prenderlo a Lima, per accompagnarlo, per abbracciarlo, dall’altro lato sentiva un po’ il timore di non aver fatto abbastanza. Gli era pesato molto soprattutto star vicino ai volontari. Si sentiva incapace di accompagnare le persone, sempre ti rimandava a padre Ugo, mai a sé. Ricordo ci disse del desiderio di abbracciare e poter piangere col P.Ugo ma anche che voleva  farsi trovare mentre faceva il suo dovere, al suo posto coi bambini, nonostante il cuore scoppiasse di tristezza e nostalgia. Fare il proprio dovere. Farlo bene. Non tirarsi mai indietro. Come quella notte lì.

“Vieni e seguimi”

Era un prete devoto a S. Francesco. Dopo la sua morte, nella sua stanza, trovai un libro consumato tra i suoi quaderni dei ritiri. Bellissimo. “La sabiduria de un podre”. Parla di un S. Francesco in crisi, che vede la sua opera sfuggirli di mano, non la riconosce più, pensa di aver sbagliato, piange. E nel momento più buoi, la Grazia: la sticmate. Ecco, Daniele, nel cuore una spina. Ma ricordati: “ Lavati la Faccia!” Vai, corri, dai speranza non tiranti mai in dietro. La vita di Daniele è riassunta in questo pezzo di vangelo, Mt. 16,24: “ Poi Gesù disse ai suoi discepoli: Se qualcuno vuole essere mio discepolo: rinneghi se stesso (in questo l’ha aiutato soprattutto il P. Giorgio, mettersi sempre in cammino, in discussione, correggersi, via l’orgoglio) carichi la sua croce (P.Ugo l’ha aiutato a non scappare mai dai suoi doveri e dalle sue croci) e mi segna (Giulio Rocca, suo amico, stessa età, il bianco dei martiri sempre presente, il suo ricordo) perché colui che vuole salvare la sua via la perderà mentre colui che perderà la sua vita per causa mia, la salverà”.

“Vado io”

Quel giorno, 16 marzo 1997, tornando da Yauya, dopo il rosario, passato Pomallucay ci hanno fermato. Mi hanno preso dal braccio e mi hanno fatto scendere. Daniele mi ha raggiunto subito e mi ha detto: Vado io”. Nient’altro, nessun altra parola. Ho cercato nella sua stanza, il breviario ancora aperto alle letture di quella domenica. Aveva celebrato quattro messe, due a San Luis, una a Pomallucay e una a Yauya. Al mattino avrà meditato il vangelo e preparato l’omelia, era la quinta domenica di quaresima. Queste sono le ultime Parole pregate dal Padre Daniele. 16 Marzo 1997 V Domenica di Quaresima: Dal vangelo secondo Giovanni (Gv. 12,23-28) “Gesù rispose loro: E’ venuta l’ora che il figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perderà e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata, che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome.

Rosamaria