Mentre scrivo questo servizio, sono seduta sul divano nel salotto dell’appartamento posto al quinto piano del Seminario vescovile Pio XII, in viale Stradone a Faenza: la Fraternità. Si tratta di un progetto educativo nato sette anni fa, che permette ai giovani che ne fanno richiesta di vivere un’esperienza di vita comunitaria della durata di un anno. Questa opportunità nasce dal desiderio di alcuni ragazzi che al termine di esperienze brevi di quotidianità condivisa, come ad esempio le “settimane comunitarie”, sentivano il bisogno di qualcosa di più duraturo e coinvolgente. Il Seminario, ascoltata e accolta la loro richiesta, ha messo a disposizione uno spazio da abitare, vivere, costruire e custodire assieme, giorno per giorno. Sono però convinta che un pezzo che parli della Fraternità, non possa essere la testimonianza di una sola persona, così ho pensato di porre la domanda: “Che cosa è per te la Fraternità?”, ai miei fratelli e sorelle.

Le testimonianze: che cos’è per te la Fraternità?

Don Luca: «Per me la Fraternità è un modo in cui si attua questa Parola; ci sono ragazzi che si fidano, come riescono, che con il Battesimo e il dono dello Spirito la loro realtà sarà resa nuova nel modo detto da san Paolo. (Gal 3) Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. La necessità materiale che fa decidere di intraprendere il viaggio dell’anno di fraternità (bisogno di appartamento, volontà di andare via di casa…) non è quella che guida primariamente i ragazzi. Piuttosto sembra essere lo Spirito che invita e spinge (come spinse Gesù nel deserto e lo spinse poi nella sua missione) a fare un’esperienza di figli del Padre che è nei cieli».

Agnese: «Tra le tante cose, Fraternità per me è cucinare. Prendersi il tempo per farlo per gli altri o ritagliarsi quello che serve per farlo insieme. Avere cura dei gusti, delle preferenze, delle intolleranze. Imparare a farlo e a volte ammettere che quello che hai cucinato fa schifo. Cucinare con ingredienti che altrimenti saremmo costretti a buttare, dare nuova vita, ognuno a modo suo, a cibo prossimo alla scadenza o non esattamente acquistato da noi. Fraternità è, infine, sedersi allo stesso tavolo e mangiare il frutto della cucina di uno, di due, di tre o di nove di noi».

Giorgia: «Fraternità è fermarsi ogni volta che ci si incrocia in casa per scambiarsi attenzioni, belle parole, abbracci, due scherzi, qualche frecciatina e sguardi, che dopo un po’ bastano per capirsi all’istante».

Lisa: «Per me la fraternità è un luogo di crescita. È un luogo di crescita sociale: si vive con persone che non ti scegli e che quindi possono essere anche sconosciute. Inoltre entrare in contatto intimo con quelli con cui vivi, ti permette di conoscere in parte la sua cerchia sociale e di accrescere la tua. È un luogo di crescita personale: Vivere in fraternità significa vivere con persone con le quali hai scelto di vivere ma che non ti sei scelto. Fino ad ora l’incontro con le persone con cui ho vissuto mi hanno mostrato parti di me di cui non ero consapevole e mi hanno spinto delicatamente a superare ostacoli, permettendomi di andare oltre ad alcuni miei limiti o di imparare a riconoscerli.
È un luogo di crescita nella comunione: Questa è la parte più difficile ma anche più bella della Fraternità. Ognuno di noi ha una quotidianità nella quale vive gioie, dolori, fatiche, piaceri… vivere queste cose in Fraternità vuol dire che il mio momento di fatica si può scontrare con un’altra fatica di un mio fratello o di una mia sorella o con un suo divertimento o un suo piacere. È proprio lì, dove c’è un apparente scontro di vissuti, che la Fraternità ci permette di crescere nella comunione: nella condivisione di una fatica che cerca di non tagliare la gioia e della gioia che cerca di abbracciare la fatica. È la parte più difficile perché richiede talvolta di mettersi a nudo, talvolta di fare un passo indietro su proprie convinzioni o atteggiamenti o anche richiede di spostare lo sguardo da sé a un altro. Ma è proprio questo spostamento di sguardo che mi permette di vedere quell’altro da me come insieme a me, mio fratello o sorella».

Luxia: «Fraternità è condivisione e incontro. Condivisione di quotidianità, ma soprattutto di vite, di vite che si incontrano e scontrano. Incontro di persone che si sono già vissute prima oppure che per la prima volta si scoprono, incontro di persone che sono pronte ad aprirsi alla misericordia altrui. Vivere la fraternità vuol dire vivere in ascolto dell’altro e aprirsi all’amore fraterno che uno sconosciuto è in grado di donarti».

La Fraternità per me è ognuna di queste cose, proprio perché non le ho pensate io, ma sono i punti di vista di tanti volti, passati, presenti e futuri che assieme guardano allo stesso bel quadro in continua evoluzione, arricchendolo a proprio modo di cura e colore.

Benedetta Scocca, studentessa