E’ stato il più influente politico della storia americana e probabilmente in quella occidentale. Nato in Baviera, Germania, nel 1923 e fuggito dal regime nazista, Kissinger è arrivato negli Stati Uniti da adolescente, parlando poco inglese. Prima studente ad Harvard e poi membro del corpo insegnante, fino a diventare una figura chiave a Washington e negli equilibri mondiali.
Chi era Henry Kissinger
Kissinger ha esercitato un controllo sulla politica estera degli Stati Uniti che non eguali, nel corso di diversi decenni, anche quando non aveva più incarichi ufficiali. E’ stato l’unico uomo ad aver ricoperto contemporaneamente le cariche di Consigliere per la Sicurezza
Nazionale e Segretario di Stato, ha plasmato significativamente gli affari mondiali durante le amministrazioni Nixon e Ford. Tra i suoi successi più noti, vi è la negoziazione degli accordi di pace di Parigi del 1973 che hanno posto fine alla partecipazione militare degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam: me lo ricordo bene, facevo il servizio militare e vedevo con una certa angoscia quello che succedeva ai giovani americani come me. Gli fu assegnato il Premio Nobel per la pace in condivisione con il vietnamita del Nord Le Duc Tho, che lo rifiutò per il protrarsi del conflitto (fino al 1975): per questo anche Kissinger non si presentò, scusandosi, alla cerimonia.
Kissinger e il suo rapporto con i politici italiani
Kissinger è stato anche l’artefice dell’apertura storica degli Stati Uniti alla Cina (primo funzionario governativo americano a recarsi a Pechino) e teorico della distensione con l’Unione Sovietica, guadagnandosi gran parte delle responsabilità – positive e negative – dei cambiamenti di equilibrio che hanno ridisegnato il corso degli eventi mondiali. Mario Draghi, quando era Presidente del Consiglio, ha ricevuto da Kissinger il premio di “Statista dell’anno” attribuito dalla Appeal of Conscience Foundation, una partnership interreligiosa di leader di tutte le fedi che si uniscono per promuovere “pace, tolleranza e risoluzione dei conflitti etnici”. Ha avuto un brutto rapporto, invece, con Aldo Moro, che l’hanno portato ad essere addirittura additato da qualcuno come uno dei protagonisti occulti della fine dello statista barese, anche se Giulio Andreotti in un’intervista affermò di avere la certezza che non fu così, per fonte diretta dell’interprete italiano
nell’incontro tra Moro e Kissinger del 1974, durante il quale sarebbero state pronunciate le famose minacce.
Si chiude un’era della diplomazia internazionale
Kissinger è stato anche oggetto di critiche incessanti, considerato da molti come persona senza una visione etica. Le sue azioni, viste come manovre cinicamente pragmatiche, sono state spesso interpretate come prive di principi, senza rispetto per i diritti umani o persino per la vita umana, una specie di antesignano del Frank Underwood che abbiamo conosciuto in “House of Cards”. Queste critiche si sono intensificate negli anni successivi, con accuse che vanno dal bombardamento segreto della Cambogia nel 1969 all’appoggio al colpo di stato in Cile nel 1973. Alcune delle quali, innegabilmente comprovate da fatti e documenti. E’ tuttavia evidente il ruolo indiscutibile di Kissinger nella storia della politica estera degli Stati Uniti; ma come dimostrano le parole che il presidente cinese Xi Jinping gli ha riservato e l’accoglienza con cui è stato ricevuto a Pechino in occasione della sua ultima visita, il ruolo di Kissinger è andato ben oltre gli Usa e si è
riverberato (nel bene e nel male) in tutto il mondo. Con la morte del diplomatico americano si scrive probabilmente la fine definitiva di un’era nella diplomazia internazionale, caratterizzata da figure che hanno plasmato il mondo con una combinazione di intelligenza,
realismo e, a volte, controversie ineludibili. Si potrebbe dire con Humphrey Bogart: “È la stampa bellezza, la stampa, e tu non ci puoi far niente, niente!”
Tiziano Conti