Vedere scomparire sotto l’acqua, in una sola notte, il lavoro di 25 anni. È ciò che è hanno vissuto a maggio Valeriano Mamini e la moglie Rita, titolari della Trattoria Ponte Rosso di Faenza, in via Argnani, una delle zone più colpite dall’alluvione. «Dal 1985 i miei genitori – racconta la figlia Valeria, che al ristorante lavorava in cucina e nell’amministrazione -, gestivano un altro storico locale faentino: La Baia de Re. Poi il 6 dicembre 1998 hanno aperto la Trattoria Ponte Rosso. Proprio quest’anno festeggiamo 25 anni di attività e avevamo progettato di fare una grande festa, con i nostri clienti. Invece purtroppo non sarà possibile».

Il ricordo di quella notte: “Abbiamo salvato solo le sedie, il resto era da buttare”

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La sera del 16 maggio Rita e Valeriano hanno visto il livello dell’acqua salire velocemente e invadere il ristorante, arrivando a minacciare anche la loro abitazione. «I miei genitori – continua Valeria – abitano proprio sopra il ristorante. Per fortuna l’acqua ha invaso solo la scala, fermandosi proprio quasi all’ingresso di casa. Quando siamo accorsi io e mio figlio l’acqua era già molto alta e aveva infranto le vetrate del ristorante. Poi ha continuato a salire, arrivando oltre i 2,35 metri all’interno dei locali». Come tanti faentini Rita e Valeriano sono stati evacuati con il gommone dai vigili del fuoco. Dopo di loro è toccato a Valeria e a suo figlio. «È stato difficile lasciare il ristorante mentre l’acqua saliva impetuosa e intorno a noi la città era completamente al buio e immersa nel silenzio». Solamente il 18 maggio Valeria e la sua famiglia hanno potuto accedere ai locali, capaci di ospitare fino a 120 coperti. «Quando siamo arrivati – continua Valeria – c’era ancora mezzo stivale di fango ma siamo almeno riusciti a entrare, per iniziare le operazioni di pulizia e ripristino». La portata dei danni è apparsa fin da subito ingente, la furia del Lamone ha spazzato via tutto. «Abbiamo salvato soltanto le sedie, il resto è tutto da buttare. L’acqua ha completamente invaso l’interrato dove sono presenti i bagni e anche tutta l’attrezzatura di sala e cucina, tra cui due frigoriferi, i banconi del bar, due celle, congelatori, il forno e la caldaia è inutilizzabile. La cella frigo delle verdure addirittura l’abbiamo trovata completamente sradicata dal muro. Inoltre saranno da sostituire le vetrate, le porte e in vari punti anche l’intonaco sarà da rifare».

Il sostegno dei clienti

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In quei momenti terribili l’unica luce è stata la solidarietà, arrivata da tutta Italia per aiutare la città a rialzarsi. «Abbiamo avuto il sostegno – racconta Valeria – prima di tutto della famiglia e di mia sorella e poi sono arrivati a darci una mano tantissimi amici e volontari. Una squadra era capitanata dal carabiniere Nicolò Giulio (protagonista di una foto simbolo dell’alluvione, scattata mentre porta in salvo sulle spalle una persona anziana). Un grazie particolare va anche a Zama (titolare dell’omonimo negozio di calzature) e ai suoi ragazzi che hanno pompato via l’acqua e ovviamente alla Protezione Civile che ha liberato l’area antistante il ristorante dalla marea di fango. Tantissimi anche i clienti che non ci hanno mai abbandonato e continuano a manifestarci affetto e a chiederci, tutt’ora, quando riapriremo».

Il futuro resta incerto: “Servono i giusti risarcimenti. La voglia di ripartire c’è, ma bisogna essere realisti”

Già, perché ora, a distanza di ormai sei mesi da quei momenti drammatici, sono tanti gli interrogativi che residenti e commercianti si pongono in ottica futura. Rete fognaria, messa in sicurezza dei fiumi, risarcimenti, sono necessità impellenti per chi vuole provare a ripartire. «Già prima dell’alluvione avere un ristorante in Italia non era facile dal punto di vista economico. I miei genitori poi sono ultrasettantenni e anche se amano il loro lavoro non è pensabile accendere mutui o richiedere prestiti per ripartire. Il nostro lavoro ci manca molto, ma in questo momento non so se riapriremo, vogliamo prima capire se i ristori arriveranno in tempi abbastanza rapidi e soprattutto se saranno congrui, rispetto al danno che abbiamo subito. La voglia di ripartire c’è, ma bisogna essere realisti e aspettare che qualcosa si muova a livello di indennizzi perché finora gli aiuti ricevuti sono prossimi allo zero e quindi i progetti che abbiamo rimangono virtuali».

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In uno scenario così incerto, passata l’adrenalina dei primi mesi «è difficile non cadere nello sconforto, perché davvero non sai come muoverti in questa situazione, nonostante io abbia ancora fiducia nel futuro. Non sapendo ancora con certezza se riapriremo o meno ho preferito anche non organizzare o partecipare a eventi per raccogliere fondi». «L’unico evento – conclude -, visto che mia figlia suona la chiarina nel Rione Verde, è stata una cena, in sostituzione della tradizionale propiziatoria per il Palio lo scorso giugno, che ci ha visti protagonisti in cucina e ha permesso di devolvere l’incasso alla nostra trattoria».

Samuele Bondi