In questi giorni in cui ricorre il 60° anniversario del disastro della diga del Vajont, mi è venuto in mente un accostamento di quella tragedia alle alluvioni romagnole del maggio scorso. E non solo perché hanno in comune l’elemento dell’acqua. Entrambe ripropongono il rapporto creatura-creato: quando l’uomo non si prende cura di quella casa comune che è la creazione, anzi la sfrutta e la dà per scontata, i disastri sono dietro l’angolo. Lo ricorda papa Francesco nell’esortazione apostolicaLaudate Deum”, che lo stesso Papa ha definito un aggiornamento dell’enciclica Laudato Si’. In conclusione dell’esortazione, si dice infatti che «un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso» (LD 73).

Il rapporto natura-creato distrutto dal paradigma tecnocratico

La diga del Vajont doveva essere l’orgoglio della tecnologia italiana, esempio di quel boom economico che stava caratterizzando l’inizio degli anni Sessanta. Ma che non considerava sufficientemente l’elemento umano. Così il Papa sottolinea nel suo documento che il paradigma tecnocratico denunciato nella enciclica Laudato Si’ «sia pensare come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia. Come conseguenza logica, da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia». In buona sostanza, occorre ripensare l’uso del potere perché non è detto che una nuova tecnologia sia automaticamente utilizzata per il bene. E se consideriamo che il genere umano non è esterno ma parte dell’ambiente, è chiaro che il «grande problema di oggi è che il paradigma tecnocratico ha distrutto questo rapporto sano e armonioso. Tuttavia, l’indispensabile superamento di tale paradigma tanto dannoso e distruttivo non si troverà in una negazione dell’essere umano, ma comprende l’interazione dei sistemi naturali con i sistemi sociali» (LD 27). Il «percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita» (LD 69) che papa Francesco rilancia chiede a tutti responsabilità morale, a partire da un cambiamento culturale che parte dalla memoria. Ecco perché ricordare il Vajont e le sue 1.910 vittime, o le alluvioni in Romagna, o qualsiasi altra catastrofe ambientale non è un semplice esercizio di memoria, ma il primo passo di un cammino che può salvare la nostra casa comune. E quindi anche noi.

Tiziano Zoli