L’alluvione non solo ha distrutto migliaia di edifici. Dalle acque stagnanti che si sono formate nei centri abitati e nelle campagne il pericolo è quello legato alla proliferazione delle zanzare: alcune specie hanno registrato un aumento di due o tre volte superiore alla media. Oltre ai numerosi danni materiali, i rischi sanitari legati all’emergenza non sono da sottovalutare: per questo la Regione si è subito mobilitata per monitorare i rischi connessi all’atteso aumento della popolazione di zanzare. Ad attivarsi sul campo è stato il Centro Agricolutra Ambiente Giorgio Nicoli (Caa), realtà che fa parte del consorzio Astra.

La popolazione di zanzare è aumentata di due o tre volte, ma sta già tornando a livelli standard

Caa è un centro internazionale specializzato nell’innovazione e nella fornitura di servizi per la tutela ambientale attivo da oltre 30 anni. I principali settori di interventi sono l’agricoltura sostenibile e l’entomologia e zoologia sanitarie, con riferimento allo sviluppo delle più avanzate per la difesa delle colture agrarie e per il controllo delle zanzare. E proprio questo ultimo settore ha visto Caa in prima linea sul territorio faentino. «L’alluvione ha portato a uno scenario mai visto prima – spiega Romeo Bellini, responsabile del settore in Caa – che poteva portare a molte problematiche di tipo sanitario. L’acqua stagnante che si è formata favorisce infatti lo sviluppo del ciclo larvale delle zanzare: era dunque importante monitorare tutte le situazioni».

L’alluvione in realtà ha sfavorito la proliferazione della zanzara tigre

I monitoraggi sono stati svolti a Faenza, ma anche su tutto il territorio ravennate, forlivese e cesenate, attraverso delle trappole all’anidride carbonica capaci di catturare le zanzare vive. Queste poi vengono inviate per le analisi all’istituto zooprofilattico sperimentale dell’Emilia-Romagna a Reggio Emilia. L’obiettivo è capire quali virus e in quale quantità proliferano attraverso le zanzare nate dalla post alluvione. «Per esempio ci siamo focalizzati a rintracciare i virus West Nile o Usutu, per capire se eravamo in presenza di rischi particolari – prosegue Bellini – e i dati sono incoraggianti: c’è stato un effettivo aumento nell’ultimo mese del numero di alcune specie di zanzare, ma senza portare a un incremento dei virus. La disponibilità di acqua ha influito sulla proliferazione degli insetti, ma non si sono innescati fenomeni di rischi maggiori di malattie». Come atteso, dove le acque permangono, in fossati e scoline, si è avuto un aumento fino a due o tre volte superiore alla media della Culex pipiens (zanzara comune) che depone le uova sulla superficie dell’acqua. Gli allagamenti non hanno influito sulle popolazioni di zanzara tigre che rimane al momento sotto le medie storiche a causa delle temperature più basse.

Lotta alla zanzara tigre: l’innovativo progetto “maschio sterile”

Uscendo dall’emergenza alluvione, è proprio sulla zanzara tigre, specie arrivata negli anni Ottanta in Italia, che si stanno concentrando le ricerche del Caa, attraverso una nuova sperimentazione per combatterne la diffusione. Si chiama Progetto Sit maschio sterile, e attraverso il rilascio di ondate di zanzare sterili si vuole far sì che la popolazione progressivamente declini. «Si tratta di un’azione che non è invasiva sull’ambiente e permetterebbe di ridurre sensibilmente la presenza di zanzare tigre sul territorio. Per portarla avanti servono però importanti investimenti. Per questo abbiamo avviato importanti collaborazioni in Germania e Svizzera per proseguire nelle ricerche».

Samuele Marchi