Col gioco non si scherza, verrebbe da dire. Il gioco è il modo principale attraverso cui i bambini conoscono se stessi, gli altri e il mondo. Eppure sono sempre più lasciati soli nei contesti ludici. E le ore trascorse di fronte allo schermo di un cellulare o a una consolle nella cameretta riescono a sviluppare solo alcuni degli aspetti fondamentali per la loro crescita. Altri, come la manualità e l’intelligenza emotiva, vengono lasciati indietro. «I bambini non giocano più in gruppo e all’aperto. Ora il gioco è diventato principalmente intimistico e tecnologico. Ci si chiude in casa e si invita al massimo solo un altro amico. La pandemia negli ultimi anni ha incentivato questi fenomeni, ma erano tendenze già in atto nella nostra società». Sono queste alcune riflessioni del pedagogista e docente Fabio Taroni della cooperativa Kaleidos, che tiene corsi su questi temi anche alla Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna e all’Issr di Forlì.

“Oggi il gioco sta diventando sempre più intimista e tecnologico”

fabio taroni 2
Fabio Taroni

«Il gioco tecnologico non va demonizzato – prosegue l’esperto -, ma bisogna far respirare ai bambini tutte le forme ludiche a disposizione. E l’esempio devono darlo in primis gli adulti. Molte volte siamo “noi grandi” a essere rimasti ancorati a una cultura del Covid in cui si esce meno di casa e ci si appoggia all’online per interagire con le persone. Dobbiamo rieducarci tutti. In questo senso, devono essere i genitori i primi a voler giocare assieme ai propri figli in maniera attiva, e questo purtroppo nei contesti familiari avviene sempre meno. Anche quando si va al parco, capita sempre più spesso di vedere gli adulti da una parte su una panchina, magari attaccati al cellulare, e i figli che vengono lasciati a giocare da soli. Così i bambini, non trovando supporto ed esempio negli adulti, si appoggiano sempre di più alla tecnologia».

Per Taroni «il gioco sta diventando sempre più un fatto privato, mentre invece va riscoperta la sua dimensione relazionale e fisica. Attraverso il gioco imparo a stare con gli altri e a conoscere le mie abilità, sia intellettive, ma anche fisiche. Il gioco con gli altri coinvolge anche la propria corporeità e aiuta a gestire le emozioni. Davanti a un gioco fatto sullo smartphone o un video che guardo invece spesso sei costretto a reprimerle. Il rapporto con gli altri non è replicabile da una macchina».

Far riscoprire agli adulti il valore del gioco attraverso la formazione

gioco 3

Per rispondere ai bisogni di oggi, per Taroni, al centro deve esserci la formazione: sono proprio gli adulti a dover essere consapevoli e riscoprire il valore del gioco, che non è mai fine a se stesso né un fatto secondario nella vita, anche quando si è più grandi. E questo vale non solo per i genitori, ma anche per i docenti e gli educatori. «I campi estivi delle nostre parrocchie o delle associazioni come Ac o scout restano un luogo privilegiato per vivere questo contesto, in particolare a contatto con la natura – dice -, ma gli educatori devono arrivarci consapevoli che non si tratta “solo” di far giocare i ragazzi, ma di offrire occasioni di crescita. Anche gli oratori cittadini possono fare moltissimo nel mondo di oggi, dove vengono sempre più a mancare agenzie educative forti».

Il progetto Ludobus: inclusione, intercultura, intergenerazionalità

gioco 2

Attraverso la cooperativa Kaleidos da oltre vent’anni Taroni porta avanti il progetto del Ludobus. «Proponiamo giochi della tradizione e nuovi, in particolare in legno (foto), andando là nei contesti di vita come piazze o eventi – spiega -. La nostra proposta si basa su tre “I”: inclusione, intercultura e incontro intergenerazionale. I nostri giochi, che proponiamo sempre in forma gratuita alle persone, sono pensati per tutti e vogliono far giocare assieme dal bambino al nonno. Inoltre un gioco, quando ha finalità educativa, non ha confini culturali. Non è un caso che tanti giochi della tradizione sono riscontrati fin da epoche remote in tutto il mondo, come la trottola o l’aquilone. E affascinano da sempre i bambini». Il Ludobus è stato presente alla recente festa di San Lazzaro a Faenza, ma fa tappe anche in giro per l’Italia. “Una cosa bella che proponiamo – sottolinea Taroni – è quella di far costruire ad adulti e bambini assieme un gioco in legno, stimolando la manualità e il saper fare che ti porta poi a realizzare nuovi giocattoli e progetti”. Anche gli adulti sono invitati a riscoprire la dimensione del gioco: «lo stesso papa Francesco – conclude – ci invita a giocare e a sorridere di più alla vita».

Samuele Marchi