Blaise Pascal è stato un matematico, fisico, filosofo e teologo francese, vissuto nel Seicento. Ci ricordava che a lasciare un Re da solo sarebbero uscite le peggiori doti umane, che ne avrebbero dimostrato tutta la povertà morale: per questo erano circondati da persone che li tenevano perennemente occupati.

Le sue parole ritraggano meglio d’ogni articolo attuale uno dei re del nostro tempo, Elon Musk, re sui generis, che provvede da se stesso a distrarsi con il social che si è comprato mediante i proventi derivanti dalle sue altre attività imprenditoriali. La differenza sostanziale con gli anni di Pascal finisce qui. Elon Musk, peraltro insieme a Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Bill Gates e altri ricchi protagonisti del digitale, si sente re, si comporta da re e pretende la distrazione che ai re si addice. Stabilisce le regole del gioco, salvo presentarle come decise dal popolo, ricorrendo pure al latino (vox Populi, vox Dei, un po’ di cultura classica non guasta agli occhi del mondo).

Da re sospende da Twitter giornalisti a lui sgraditi accusandoli il giorno dopo di aver violato regole che lui ha stabilito il giorno prima, per poi riammetterli con il sistema del referendum. Si fa poi burla del fatto che a invocare la libertà di parola siano ora coloro che lo rimproveravano prima di esserne un assolutista. Ora, dopo la pubblicazione su Wikipedia dell’episodio di sospensione dei giornalisti, discredita Wikipedia, rimproverandole di essere controllata dai suoi nemici.

Sicuramente avrà in serbo altre sorprese, fedele al concetto che, non conta che venga amato o odiato, l’importante è che tutti parlino di lui e lo facciano possibilmente sul suo social. Dopo l’ennesimo referendum, ha annunciato che si dimetterà da Ceo di Twitter appena troverà “qualcuno abbastanza folle da accettare il posto”. Lui – ha aggiunto sul social – guiderà i team sui software e server.

Il problema non è naturalmente il narcisismo di Elon Musk e altri, quanto piuttosto il fatto che l’era del digitale, che pur ha dischiuso inimmaginabili progressi per l’umanità, sembra purtroppo caratterizzata da personaggi che per un momento ci fanno rimpiangere i padroni del vapore dell’Ottocento. Sarebbe naturalmente stupido confondere il digitale e i suoi straordinari progressi con i suoi non proprio amabili re, ma è pericoloso sottovalutare il pericolo che deriva dal ritardo nell’applicazione di regole democratiche (in Europa più stringenti che negli Usa) nella gestione dei social media, tali da impedire ai gestori da comportarsi come il Re Sole.

Accanto alle regole, la cui applicazione è stata almeno minacciata, è tuttavia necessaria la consapevolezza di tutti noi che le distrazioni non sono ricercate solo dal re, ma anche da noi per distoglierci “dall’infelicità della nostra condizione”.

Il problema di fondo rimane lo stesso: “non viviamo mai, ma speriamo di vivere e, preparandoci sempre ad essere felici, è inevitabile che non siamo mai tali” (Pascal). Forse un’altra strada esiste: quella della responsabilità di fronte alla nostra vita!

Tiziano Conti