Che sia il suolo o il sangue a determinare la cittadinanza, che vi sia uno ius solis o uno ius sanguinis, alla base di ogni dibattito dovrebbe sempre esserci la storia di chi presenta questa richiesta e chiede di diventare cittadino italiano trovandosi davanti a una burocrazia imponente e complessa. Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza e spiegare come funziona questo complicato meccanismo chiedendo a chi di questo si occupa per mestiere. Il dottor Aliou Sarro e la dottoressa Silvia Ceroni dello Studio Legale Bortoletto-Laghi di Faenza ci hanno aiutato a capire quali sono le procedure e quali sono le difficoltà legate ad esse.

La ricerca di manodopera delle aziende si intreccia con le pratiche per l’ottenimento di cittadinanza e permesso di soggiorno

Quanto è complessa la procedura per ottenere la cittadinanza italiana?

«La presentazione della richiesta in realtà è accessibile a tutti, il problema è che si tratta di una procedura amministrativa molto complessa – spiega la dott.ssa Ceroni – Sono tanti i passaggi richiesti e i requisiti da verificare: lingua, reddito, residenza. Si tratta di valutazioni rigorose che rendono necessario l’intervento di un professionista. Inoltre i tempi sono lunghi: si può dover attendere 24 mesi, prorogabili a 36, prima di ottenere effettivamente la cittadinanza e spesso in questo periodo di tempo ci sono dei preavvisi di rigetto della domanda che richiedono l’intervento di un legale».

Quali sono le principali difficoltà?

«Tra i requisiti è molto importante la residenza – continua il dott. Sarro -. È necessario infatti per ottenere la cittadinanza per residenza dimostrare di essere residenti in Italia in modo continuativo da dieci anni, che possono essere ridotti a 5 se a fare richiesta è un rifugiato politico, e spesso ci sono delle discrepanze tra norma e procedura in merito a questo».

Facciamo però un passo indietro: prima della richiesta di cittadinanza è necessario avere un permesso di soggiorno che consenta di risiedere in Italia.

«Esatto. Esistono vari tipi di permessi di soggiorno – spiega Sarro – e possono essere convertiti tra loro ma anche questo comporta una procedura complicata. Il decreto flussi (che regola i flussi migratori per lavoro in Italia, ndr) dovrebbe essere la procedura d’elezione per ottenere il permesso di soggiorno, ma prevede un numero limitato di ingressi nel nostro paese che non copre la domanda: sono molte di più le persone che avrebbero bisogno di fare richiesta, ma solo i primi arrivati riescono a presentarla. Senza contare che nel conteggio dei permessi stabiliti dal decreto flussi sono compresi anche i permessi di soggiorno per studio e inoltre molti posti vengono occupati da persone già in possesso del permesso e in attesa di rinnovo. Quella che dovrebbe essere la via più seguita è quella più difficile da seguire».

Quali sono quindi le principali difficoltà?

«A creare più problemi, oltre alla burocrazia particolarmente complessa, è spesso il reddito troppo basso – spiegano – Ogni anno l’Inps stabilisce un reddito sociale (guadagno minimo, ndr) che viene preso in considerazione anche per la concessione del permesso di soggiorno. Dopo il covid i redditi si sono abbassati ma non il tetto minimo stabilito dall’Inps. Spesso a questo si lega anche il problema di un’abitazione non giudicata idonea per metratura o per parametri igienico-sanitari. Altre volte a complicare il tutto si trovano anche alcuni reati di immigrazione come la mancata esposizione del passaporto oppure la vendita di merce contraffatta.».

Questo è quello che si cela dietro la burocrazia e le problematiche amministrative, ma quel che più conta è quel che si trova nella vita del singolo. È sempre il ricordarsi che dietro alla ricerca di una cittadinanza nuova c’è il sogno di una nuova storia da scrivere in un’altra lingua ma con le proprie parole. È sempre quell’umanità che ci rende unici e uguali al tempo stesso.

Letizia di Deco