Di nuovo in aula, finalmente senza mascherina. Il suono delle campanelle, il 15 settembre, segna un primo ritorno alla normalità. Ora si guarda al futuro, a sfide che erano già presenti prima del Covid: dal calo demografico alla disparità tra scuole statali e paritarie fino al divario tra Nord e Sud del Paese. Con Silvia Gaudenzi, vice coordinatrice didattica della Scuola Sant’Umiltà di Faenza, approfondiamo come il corpo docente si sta preparando all’avvio dell’anno scolastico.

Intervista a Silvia Gaudenzi, vice coordinatrice didattica di Sant’Umiltà Faenza

silvia gaudenzi

Prof.ssa Gaudenzi, come insegnanti come state vivendo questo momento?

Riprendere le attività scolastiche senza tutte le restrizioni che hanno contraddistinto gli ultimi anni è per noi una grande gioia. Per i bambini essere a scuola e imparare con i compagni significa vivere una quotidianità in presenza, lavorare in gruppo fianco a fianco, giocare insieme anche per “classi aperte” senza essere limitati da “bolle” chiuse. Anche se gli sguardi spesso comunicano ciò che uno studente vive e sente, poter vedere il suo sorriso è sempre una cosa fantastica.
Proprio pochi giorni fa una collega della scuola dell’infanzia mi raccontava di quanto i bambini sono felici nel vedere l’intero viso delle maestre senza la mascherina.

Che cosa vi ha insegnato questo tempo complesso? Si è parlato molto, giustamente, dei bisogni e delle difficoltà vissute dai bambini. Meno di quelle dei docenti…

È stato davvero un tempo complesso per tutti, inaspettato e improvviso. Non dimenticherò mai i mesi di inizio pandemia quando noi docenti dovevamo continuare a stare con i nostri bambini, non tanto per continuare a insegnare, ma per far sentire loro la nostra vicinanza e la nostra presenza. Per fare questo ci siamo rimboccate le maniche, ci siamo messe in gioco e abbiamo dovuto imparare un modo diverso di fare scuola utilizzando la tecnologia che ci è stata grande aiuto per mantenere i legami con gli studenti.
È stato un tempo di continuo confronto tra noi, ognuno aveva qualcosa da insegnare ai colleghi per continuare a fare il nostro lavoro nel migliore dei modi.

A livello educativo, quali sono le parole chiave che guideranno quest’anno scolastico?

Mi piace pensare a uno slogan: Imparare insieme per imparare meglio. Spero che ci possano essere tante occasioni per far lavorare in gruppo i nostri studenti, per valorizzare la cooperazione e le varie forme di apprendimento fra pari. Perché è anche grazie alle buone relazioni che si apprende con più facilità a scuola.

Come Scuola Sant’Umiltà, quali novità saranno introdotte in questo anno scolastico?

Una grossa novità l’abbiamo introdotta lo scorso anno: abbiamo avviato il progetto bilinguismo nella scuola primaria grazie al quale alcune discipline vengono insegnate in inglese. Questo permette agli studenti di prima e seconda di ascoltare e parlare in lingua per circa 6 ore alla settimana e per dei bambini di 6/7 anni credo che sia una grande opportunità. La lingua inglese viene introdotta già alla scuola dell’infanzia e potenziata anche alla scuola media con l’opzione di 5 ore settimanali più 3 ore in Clil, un percorso indubbiamente arricchente per i nostri studenti. Inoltre questa estate alcune docenti hanno partecipato a un corso Erasmus+ all’estero per conoscere meglio le discipline Steam (scienze, tecnologia, ingegneria, arte e matematica) e quindi speriamo di poter approfondire anche questi ambiti nei diversi ordini di scuola.

Come è andata l’accoglienza di bambini ucraini nella vostra scuola e come, nel caso, proseguirà?

Anche in questo caso i docenti si sono messi in gioco per trovare le giuste strategie per una corretta integrazione. Devo dire che tante volte sono gli adulti che hanno qualche perplessità, i bambini sono bravissimi nell’accogliere nuovi amici, tra loro si intendono senza grossi problemi. Anche quest’anno saranno con noi altri bimbi fuggiti dai luoghi della guerra; la nostra scuola è paritaria, quindi pubblica, e come tale è aperta a tutti.

La scuola deve essere messa al centro dell’agenda politica

Non si può rimanere indifferenti di fronte all’incognita del calo demografico nel Paese.

Indubbiamente se c’è calo demografico in Italia, ne risentono anche le iscrizioni nelle scuole paritarie. Il nostro Consiglio di Amministrazione si sta impegnando al massimo per continuare a garantire alle famiglie che ci hanno già scelto e alla comunità in cui viviamo una valida proposta educativa e formativa. Credo sia importante riuscire a costruire reti fra le scuole paritarie per affrontare meglio i problemi che ci accomunano.

Siamo in tempo di riflessione elettorale. Quali temi devono essere prioritari nell’agenda politica sulla scuola paritaria?

La “vocazione” al futuro delle scuole paritarie può e deve dare un contributo importante al sistema nazionale di istruzione. Purtroppo la mancanza di riconoscimento economico, soprattutto quando vi sono studenti con disabilità, impone la ricerca di contributi finanziari privati secondo la sensibilità e la disponibilità dei singoli. Pensiamo che ai giustissimi doveri di una scuola paritaria debbano corrispondere altrettanti giustissimi diritti, uno di questi è la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie.

E sulla scuola in senso generale?

Purtroppo non mi sembra che la scuola sia molto menzionata nei programmi dei vari partiti politici. E questo penso sia grave. Voler migliorare la scuola e valorizzare il grande lavoro educativo e formativo dei docenti significherebbe avere uno sguardo positivo sul futuro del Paese. Occorrerebbe colmare il grande divario tra Nord e Sud: i dati relativi ai percorsi dei ragazzi ci mostrano una forte discrepanza tra le regioni e il problema dell’abbandono scolastico è purtroppo ancora irrisolto.

Sabato 1 ottobre tornerà il festival Educere. Quali temi saranno affrontati in questa giornata?

Ci saranno diversi relatori che affronteranno tematiche che spaziano dalla gestione dei conflitti all’alimentazione, dal valore dello sport all’attualità. Gli argomenti sono diversi perché vorremmo poter “catturare” l’interesse di un ampio numero di famiglie, docenti, educatori in generale. Educere vuole essere l’occasione per aprire la nostra scuola alla comunità cittadina, un momento di condivisione di temi che ci stanno a cuore.