Orietta Moscatelli conosce bene la Russia. Prima di tutto perché ha studiato russo e poi perché in Russia ci ha vissuto per anni. E poi anche perché segue ancora molto da vicino tutte le vicende del grande Paese che dall’Europa si estende fino allo stretto di Bering, per 11 fusi orari. Dopo l’avvio della guerra in Ucraina, il 24 febbraio scorso, e dopo altri due mesi di combattimenti ha iniziato a mettere mano a un volume che permette al lettore il tuffo in una realtà che qua in Occidente, e anche in Italia, non sempre passa con la dovizia di particolari e di conoscenze che la Moscatelli sa mettere in campo. Il suo è un percorso, descritto nel volume edito dalla Salerno editrice “Putin e putinismo in guerra” (156 pagine, 20 euro), in un territorio a molti ignoto. Un mondo, il putinismo appunto, che, come afferma l’autrice, sopravviverà al presidente russo. Un sistema, quasi un regime ormai, che si autoalimenta e cerca nuovi equilibri per nulla semplici da trovare e fare convivere in un territorio vastissimo, come la guerra in atto sta mettendo in evidenza.
Non sarà più un mondo a trazione occidentale, dice la caporedattrice esteri dell’agenzia Askanews che da vent’anni collabora anche con Limes, ma che piano piano sta spostando il suo baricentro verso il sud est del mondo, con un asse Pechino-Mosca che non fatto da alleati è realizzato per interessi comuni, primo fra tutti quello di depotenziare il nemico comune, gli Usa, “unico egemone barbarico e sanguinario”, come si legge nell’ultima pagina del volume.
Un libro da leggere, quello della Moscatelli, per tentare di entrare in una mentalità molto lontana dalla nostra che ancora guarda con favore all’epoca degli zar. “La Russia ha solo due alleati: la sua flotta e il suo esercito”: questa frase dello zar Alessandro III Putin l’ha usata nel 2015, per poi precisare che stava scherzando. Ma in Russia viene usata, aggiunge la giornalista, ogni volta che la Russia si è trovata isolata e in difficoltà. Il nuovo zar Putin è uno al quale ora non si dice mai di no. Anzi, a lui viene detto quel che vuole sentirsi dire, come potrebbe essere capitato anche in occasione dell’invasione dell’Ucraina. Per timore di essere esclusi dal cerchio magico del numero uno del Cremlino, nessuno più gli racconta la verità. E la rarefazione della verità, dal basso verso l’alto. “è una sindrome di cui soffrono i regimi di lungo corso”.
Putin sa essere anche doppio, come è nella natura della ex spia del Kgb, che descrive molto bene il suo modo di essere e di apparire, anche in pubblico. “Il potere putiniano si nutre di ambiguità”, scrive l’autrice, per tenere in piedi il Mondo Russo, il Russkij Mir, una delle ossessioni di Putin dopo la caduta dell’Urss. Mondo Russo difficile da tenere insieme per le spinte che giungono dai luoghi più lontani da Mosca.
Infine ci sono anche i valori in cui un regime sempre si identifica. Vale così anche per lo stesso Putin e per il putinismo: famiglia, radici cristiane, memoria storica e patriottismo. Gli ingredienti ci sono tutti appunto perché il putinismo possa sopravvivere a chi lo ha generato. A meno di rovesci che, al momento, nonostante le sanzioni e le difficoltà di una guerra che si prolunga, appaiono improbabili. La Russia e i russi hanno grande capacità di resilienza, qualità che il presidente alimenta e sulla quale fa grande affidamento.