La guerra in Ucraina e l’impennata del caro carburante presenta il conto: a che punto è la transizione ecologica nella mobilità personale e collettiva? Se molti dei progetti erano stati accantonati o bloccati per l’emergenza sanitaria, ora urge ripensare e ridefinire obbiettivi e temi. Un punto principale è reincardinare la mobilità personale e pubblica. L’associazione europea dei costruttori di auto (Acea) ha scattato una fotografia della struttura del mercato auto a livello di Unione Europea nel primo trimestre del 2022. In questo periodo, la quota dei veicoli ibridi (Hev) ha raggiunto il 25,1%, rispetto al 20,9% del primo trimestre 2021. Bene le auto elettriche la cui quota di mercato è arrivata al 10%, superando i modelli plug-in che si fermano all’8,9%. In controtendenza tuttavia è l’Italia, dove i modelli a Hev registrano un calo del 14,9%, complice forse l’attesa dell’entrata in vigore dei nuovi incentivi 2022, vero motore delle vendite di questi mezzi. E se la conversione dal motore endotermico a elettrico, a livello di vendite, sembra riprendere corpo, a corollario va evidenziato una carenza di rimodulazione delle linee produttive storiche del nostro paese.
Secondo uno studio dell’Associazione Europea dei produttori di componentistica (Clepa), la transizione all’elettrico mette a rischio 500mila operai. Tra il 2030 e 2035 si stima che saranno persi oltre 360mila posti di lavoro in tutta Italia. E per venire incontro alle esigenze di mobilità, sempre più urgenti, è necessario rivedere prospettive e bisogni del trasporto pubblico locale. La Regione a ha approvato nel 2021-23 un programma di investimenti da oltre 240 milioni di euro. «In sostanza, sono tre le sfide che dobbiamo affrontare per progettare lo sviluppo del trasporto pubblico locale – sostiene l’assessore regionale Andrea Corsini – che dovrà essere sempre più integrato con un maggior coinvolgimento dei mobility manager, dovrà favorire sinergie tra pubblico-privato e ispirarsi a logiche di specializzazione dei servizi». Per cercare alcune risposte alla domanda sul futuro della mobilità nel nostro territorio abbiamo intervistato Michele Dotti, direttore di Ecofuturo Magazine.
Intervista a Michele Dotti: “Non è prendendo il gas dall’Algeria anziché dalla Russia che si risolve il problema”
Quale futuro vedi per i motori endotermici?
Il futuro della mobilità leggera sarà sicuramente elettrico. Il trend appare chiaro, basti pensare che le nuove immatricolazioni in Italia sono passate in 9 anni dallo 0,17% al 9,35%. Una vera esplosione. E questo è un processo che avviene al livello globale. BloombergNEF prevede che nel 2040 il totale delle auto elettriche e ibride vendute coprirà il 55% del mercato mondiale. Per ora gioca un ruolo importante anche l’ibrido, ma in prospettiva sarà l’elettrico a decollare, soprattutto quando saranno disponibili le nuove batterie (grafene, alluminio, sodio…), che assicurano migliori prestazioni e costi decisamente più contenuti. Diverso il discorso per la mobilità pesante, terrestre e marittima, nella quale occorrerà più tempo per arrivare allo stesso risultato e le tecnologie di transizione come Gnl (gas naturale liquefatto, magari ricavato dal biometano) saranno fondamentali ancora per diverso tempo.
Quale alternativa alla mobilità personale oltre alle macchine con motori a scoppio?
Oltre ai veicoli elettrici, sarà fondamentale favorire la mobilità dolce, il trasporto pubblico e la condivisione dei mezzi. I dati del progetto Green-go bus – oltre 1 milione di passeggeri complessivi – sono eloquenti e dimostrano che è possibile organizzare i servizi per i cittadini in modo attento ed efficace. In parallelo car-sharing, bike-sharing e ogni forma di condivisione che porti a ridurre drasticamente l’impatto ambientale della mobilità, che rappresenta circa un terzo delle emissioni climalteranti.
Quale futuro per l’Italia in tema di indipendenza energetica?
La questione è abbastanza semplice: l’indipendenza energetica si può ottenere solo attraverso le rinnovabili, che dovremmo quindi spingere al massimo, eliminando ogni ostacolo -anche burocratico- che ora ne frena la diffusione. Non è sostituendo il gas russo con quello dell’Algeria che risolveremo il problema. Abbiamo le tecnologie per eliminare il gas dalle nostre abitazioni, attraverso rinnovabili e pompe di calore ad alta temperatura, che rappresentano una vera rivoluzione perché portano l’acqua fino a 85° e questo permette di immetterla negli impianti esistenti, senza bisogno di smantellare i pavimenti per fare impianti radianti. Possiamo ora creare le comunità energetiche rinnovabili, le tecnologie sono mature, dobbiamo solo creare cultura e favorire i processi. Questo ci offre anche risparmio economico, salute e occupazione. Ed è l’unico modo per creare davvero la pace nel mondo.
Quale via per educare all’uso consapevole dell’energia, nel tema della sostenibilità?
Occorre investire con più decisione nell’educazione alla consapevolezza energetica. E occorre farlo attraverso metodologie e strumenti partecipativi. La nascita dei Faenza Energy Days va sicuramente nella direzione giusta. Occorre crederci e investire nel futuro green, nostro e dei nostri figli e nipoti. L’ecologia è un messaggio di speranza per tutti.
Mattia Randi