In questi giorni così complessi ci capita di ragionare su come sia una leadership capace di costruire su basi solide, per dare un futuro giusto e onorevole al proprio team, alla propria squadra, al proprio popolo, alla propria nazione. Nel “secolo breve” sono stati leader che hanno lasciato il segno, nel bene e nel male, Winston Churchill, Adolf Hitler, John F. Kennedy. In passato: Giulio Cesare, Papa Leone Magno, Carlo Magno, Abramo Lincoln. Ai giorni nostri viene naturale pensare a Volodymyr Zelenskyy e Vladimir Putin.

Partiamo da una considerazione: il leader perfetto, sia esso un manager, un politico, un coach sportivo, non esiste. Il ruolo di leader è decisamente complesso e molto articolato e lo diventa ancora di più se consideriamo che si tratta di un ruolo che si evolve nel corso del tempo, si trasforma in base alla situazione in cui ci si trova. Se noi guardiamo al contesto attuale, alla straordinarietà degli eventi che stanno caratterizzando questi ultimi 2 anni, se mai ce ne fosse bisogno di sottolinearlo, ci si rende conto che oggi la figura e il ruolo del leader vanno completamente ripensati. In primo luogo perché oggi un leader si trova a dover fronteggiare una complessità senza precedenti. Poi anche perché è completamente cambiata l’agenda del leader.

Oggi non può esistere un leader che non sia consapevole dell’importanza delle nuove tecnologie per la sopravvivenza e la competitività di qualsiasi azienda in qualsiasi settore. E ancora perché non può esserci leader che non pensi all’impatto di qualsiasi business sulla società e quindi è dirimente affrontare il tema della sostenibilità. Un posto altrettanto importante nell’agenda di qualsiasi leader, poi, lo merita il marketing, il nuovo storytelling, il nuovo rapporto con i consumatori, i veri “padroni” di un brand. Non si compete più per vincere contro i propri concorrenti, come vuole il vecchio mantra del marketing novecentesco, ma si compete prima di tutto per generare efficienza nell’utilizzo delle risorse di tutti, minimizzando gli effetti negativi, e lavorando invece sull’esperienza e lo storytelling come grande differenziatore di marca.

E infine, forse la cosa più importante: nell’agenda di ogni leader ci deve essere la gentilezza. Cosa significa, in concreto? In buona sostanza, non si tratta di essere educati, né carini, ma a un leader gentile si richiede non solo di fissare obiettivi e gestire performance, ma si richiede anche e soprattutto una forte componente umana e psicologica, anche di fronte ai drammi più grandi. E in termini di leadership, questo vuol dire chiaramente che si richiedono competenze e sensibilità nuove, per nulla scontate nel bagaglio dei manager, i quali devono essere molto attenti al benessere mentale delle persone, devono saper riconoscere e gestire le emozioni delle persone, attraverso delle qualità nuove ma potentissime, quali l’ascolto, l’accoglienza, la capacità di intuire i segnali deboli, l’attenzione e la cura della relazione. Tutto questo è diventato condizione necessaria (ma non sufficiente) per essere leader, che lo si faccia in un contesto aziendale, che si stia guidando un paese o una squadra di qualsiasi sport a qualsiasi livello.

Questa crisi, epocale per tempi e accelerazioni, ma anche per trasversalità geografica e per gli influssi sul sistema di fiducia, sui sistemi economici come sulle scelte geopolitiche, ci dà però l’opportunità di declinare in modo virtuoso e coraggioso la parola greca Krisis, costruendo davvero l’opportunità per un mondo migliore. Una visione costruita sulla coerenza che dovrà essere declinata in ogni azione, in ogni proposta politica, in ogni consesso di confronto. Perché serve una visione, un modello intorno al quale improntare la costruzione di una nuova società che ci appartenga e ci aggreghi nei valori, ma che sia anche in grado di generare sviluppo. Quindi, chi sono i veri leader oggi in Europa di fronte agli scenari che ogni giorno sono sotto i nostri occhi?

Tiziano Conti