L’opinione pubblica russa si divide tra sostenitori di Putin e dell’intervento in Ucraina e un’opposizione soffocata che sta ritrovando il coraggio di farsi sentire: la polizia che attendeva direttamente all’uscita della metropolitana le persone che andavano alla manifestazione di protesta a Mosca l’altra sera e poi le portava via, sono un esempio di come sia difficile avere un’opinione diversa da quella del regime. Che, a dir il vero, ha annunciato inizialmente prima un intervento di peacekeeping e poi un’operazione militare speciale a difesa delle Repubbliche autoproclamate dell’Est Ucraina: non proprio quello che vediamo sui nostri schermi!

Quella di Grigorij Javlinskij, economista e leader di Jabloko, partito liberale di antiche radici ma scarsissimo seguito in Russia, è una delle poche voci “contro” della politica, in un Paese dove una vera opposizione non ha mai potuto esprimersi, e dove la repressione degli ultimi anni ha messo quasi a tacere ogni forma di dissenso. “A coloro per cui la vita delle persone – russi, ucraini – non è indifferente, voglio dire questo: bisogna contrastare la guerra con tutte le forze, e spiegare la cosa più importante: questa guerra diventerà un suicidio per la Russia. Sarà una tragedia per l’Ucraina. Ma per la Russia, per lo Stato nella sua forma attuale, sarà la fine”.

Tra le ragioni che hanno spinto Vladimir Putin a decidere l’intervento in Ucraina c’è la determinazione a bloccare lo sviluppo di democrazie nello spazio ex sovietico ai propri confini: “rivoluzioni colorate” soffocate sul nascere in Bielorussia, in Kazakhstan, ma soprattutto nelle città della Federazione dove le grandi manifestazioni degli anni 2017-18 si sono via via spente, un giro di vite simboleggiato dall’incarcerazione di Aleksej Navalnyj.

La guerra in Ucraina potrebbe però segnare una svolta anche in questo: pochi si illudono sulla possibilità dell’opinione pubblica di influenzare il regime. Ma l’enormità di quanto sta accadendo può risvegliare il movimento dell’opposizione, effetto contrario a quello voluto dal regime: sta già avvenendo.

“Non c’è alcuna giustificazione razionale per questa guerra – è scritto in una lettera aperta firmata da scienziati e giornalisti scientifici russi (riportata in Italia da Il Sole 24 Ore e Internazionale), preoccupati anche per i contraccolpi che l’isolamento internazionale porterà alla ricerca scientifica -. Il tentativo di usare la situazione in Donbass come pretesto per lanciare un’operazione militare non ha senso. È chiaro che l’Ucraina non costituisce una minaccia per la sicurezza della Russia”.

È amaro per noi, continua la lettera, “vedere che il nostro Paese, che ha dato un contributo decisivo alla vittoria sul nazismo, è ora istigatore di una nuova guerra sul continente europeo. Chiediamo la fine immediata di tutte le operazioni militari dirette contro l’Ucraina. Scatenata la guerra, la Russia si condanna all’isolamento internazionale, a ulteriore degrado culturale e tecnologico nell’assoluta assenza di prospettive positive. La guerra all’Ucraina è un passo nel nulla”.

L’appello, sottoscritto da una cinquantina di scienziati, prima firmataria Tatyana Bronich, chimica, è riportato sul sito Trv Science

Una minoranza. Destinata a crescere mentre guarda al destino di Kiev, e forse un giorno in grado di contrastare davvero la fuga nel passato del proprio Paese che domani, assicura Navalnyj dal carcere, “sarà felice”.

Per tornare a dare la parola a giustizia, solidarietà, crescita, dignità di tutte le persone!

Tiziano Conti

Nell’immagine del tweet

Decine di scienziati e giornalisti scientifici della #Russia hanno firmato una lettera aperta in cui denunciano l’operazione militare in #Ucraina e chiedono il rispetto della sovranità dell’Ucraina e la fine dell’aggressione. “Make Science No War”, dicono.