Ironico, determinato, umano: così si potrebbe descrivere Luis Enrique, il Ct della Nazionale spagnola. Appassionato di calcio fin da bambino e da quel momento, prima calciatore, poi allenatore (Barcellona, Roma), non è mai uscito dal campo. Solo una pausa nel 2019. Esattamente il 19 giugno di due anni fa si dimise da allenatore della Spagna per una lunga pausa di sei mesi che celava una drammatica lotta: quella della figlia Xana, nove anni, contro un tumore alle ossa che alla fine l’ha uccisa. Martedì sera ci ha stupito sia per l’umanità dei comportamenti che per la grinta e il coraggio cui ha sempre chiamato i suoi giocatori.

Dall’abbraccio con Daniele De Rossi poco prima della partita all’alzarsi dalla panchina per salutare con onore Roberto Mancini che si avvicinava a lui, dalle risate alle battute con Federico Chiesa, autore tra l’altro del goal della nostra Nazionale. Dopo che Jorginho ha appena segnato il rigore decisivo, tutti gli corrono dietro. Luis Enrique cammina verso la panchina degli azzurri e si complimenta con Mancini (e il suo staff). Lo abbraccia, gli dice bravo, te la sei meritata. Poi lo ha dichiarato lui stesso poco dopo la partita: “Sono felice per quello che ho visto. Ho goduto di una partita di alto livello con due squadre forti che cercavano di giocare un bel calcio, è stato uno spettacolo per i tifosi. Voglio fare i complimenti all’Italia, spero che in finale possa cercare di vincere questo Europeo. Tiferò per gli azzurri”, ha detto.

Con tutto quello che ha vissuto, Enrique potrebbe essere semplicemente un uomo disperato, furioso contro la vita e la sorte, lontano da tutto e tutti. Se perdi una figlia di nove anni, cosa potrà mai esserci dopo? A lui sta riuscendo il miracolo del ritorno alla vita, senza smettere mai di essere una persona magnifica. In quell’atomo di esistenza che è il calcio rispetto al destino di un uomo, Luis Enrique martedì sera ha dato una grande lezione. Alvaro Morata inizialmente escluso, poi buttato in campo e decisivo: prima con il gol del pareggio, poi con l’errore dal dischetto. Luis Enrique lo ha protetto, come ha fatto dall’inizio del torneo: “L’ho ringraziato e abbracciato. Ci ha permesso di sognare”.

Guardiola ha definito Luis Enrique “il vero segreto della Roja, ha coraggio e leadership”. E dire che con l’Italia Luis Enrique poteva avere ancora un conto da chiudere. Ai mondiali del 1994, durante la partita dei quarti di finale Italia-Spagna, decisa dai goal di Roberto e Dino Baggio, Luis Enrique cadde in area di rigore e da subito si intuì che c’era qualcosa di strano. Il centrocampista asturiano si rialza ed il suo volto è una maschera di sangue. A ridurlo così una gomitata di Mauro Tassotti, non vista dall’arbitro, che verrà sanzionata, attraverso la prova tv, con otto giornate di squalifica.

Nella conferenza stampa della vigilia, Luis Enrique ha definito Tassotti una bravissima persona e ribadito che non ha alcuna velleità di vendetta nei confronti dell’Italia, paese che ama e nel quale ha vissuto un’esperienza meravigliosa a Roma. Il c.t delle Furie Rosse ci ha dimostrato una volta di più cosa significano le parole carisma, leadership, guida dei propri collaboratori. Un signore del pallone. Un uomo che ha solo da insegnare.

Tiziano Conti