Una promessa d’amore e di fiducia nel Signore. Il 19 marzo scorso Francesca Agresti, 31 anni, ha emesso la sua professione religiosa nelle suore francescane missionarie di Gesù bambino. Suor Francesca è cresciuta nella parrocchia di San Giuseppe artigiano e ha frequentato per diversi anni il gruppo scout Faenza 2. Dopo la prima fase di postulato, in cui ha condiviso la vita di comunità con le suore, e i due anni di noviziato alla basilica di Santa Maria degli Angeli di Assisi, un mese fa suor Francesca ha emesso la sua prima professione.
Intervista a suor Francesca Agresti
Come ti sei sentita quel giorno?
È stato un momento di gioia molto intenso. I voti coinvolgono integralmente la singola persona in tutti i suoi aspetti: è una promessa che fai davanti al Signore. Al tempo stesso, si tratta di una scelta pubblica che compi di fronte a tutta la comunità. Viste le attuali norme, in pochi hanno potuto essere presenti alla cerimonia, ma ho sentito ci fosse tutto il necessario: è anche in queste situazioni, più spoglie, che riesci a vivere l’essenziale delle cose.
Quando è stato il momento in cui hai sentito emergere questa vocazione?
Sono scelte che richiedono un lungo discernimento, fatto inizialmente di curiosità, incontri mensili e poi man mano di una sempre maggiore consapevolezza e condivisione di vita. Se dovessi indicarti un momento più forte, ti direi dopo la laurea in Ingegneria matematica, quando ho cominciato a lavorare ed essere autonoma. Vivevo a Milano, avevo un buon stipendio e lavoravo in un’azienda che produce satelliti per lo spazio, un campo che potevo considerare la piena realizzazione dei miei studi. Eppure è stato proprio in questo momento, in cui per tanti aspetti potevo sentirmi gratificata, che ho sentito la chiamata a donarmi totalmente in un modo più vero e libero, ed è quello che ho conosciuto grazie alle suore missionarie francescane, con le quali ho condiviso il percorso negli ultimi anni.
Come hai conosciuto questa realtà?
Ho partecipato assieme ad alcuni amici alla Marcia francescana nel 2013, un evento in cui si cammina per dieci giorni per arrivare alla basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. In questo contesto ho conosciuto le suore, in particolare una con la quale è nata una relazione di cura e accompagnamento nella vita e nella fede”. Mi sentì subito accolta, e tramite loro sentivo la Parola di Dio che mi chiamava e che ho voluto scoprire sempre di più.
Ci sono testimoni che, più di altri, ti hanno accompagnato verso questo cammino?
Una figura che mi ha sempre colpito è stata quella di padre Daniele Badiali. In un certo senso lui ha tenuto accesa in me, anche quando ero più giovane, una luce su un modo diverso di relazionarsi con Dio e aiutare gli altri, i più poveri. Anche i miei nonni sono stati molto importanti: mio nonno fu ingegnere e mia nonna è stata docente di matematica e mi hanno trasmesso una forte curiosità scientifica, un cercare di andare nel profondo del senso delle cose.
Hai mai avuto paura o ripensamenti in questo percorso?
Avere dei momenti di ripensamento è normale, nel mio caso è stato prima entrare al postulato. Ho dovuto lasciare tante cose e in quei momenti non puoi di dire di avere certezze, quello che fai è la promessa di un amore più grande che non vedi, la fiducia in una promessa di vita e bellezza. Poi il cammino di discernimento prosegue, e ci si scontra con la propria fragilità anche nel corso della vita fraterna. Dall’esterno, da chi non la conosce, la vita di comunità religiosa viene dipinta a volte con atmosfere solo idilliache, mentre invece è vita vera, in cui affrontiamo le fatiche di ogni giorno.
Come proseguirà il tuo cammino?
Annualmente rinnoverò i voti e alla fine del cammino, dopo cinque o sei anni, si emette la professione perpetua. Adesso ho in programma di stare per qualche anno a Roma, a studiare Teologia.
A cura di Samuele Marchi