“Undici mesi fa ho ereditato un disastro, ma sto sistemando le cose”. Davanti al calo della popolarità, l’inflazione e la disoccupazione che salgono, la crisi del caro vita che morde, la capo gabinetto della Casa Bianca che gli imputa comportamenti da alcolizzato, lo scandalo Epstein che divide la stessa base del suo movimento Maga, la pace promessa in Ucraina che non arriva e la nuova “età dell’oro” che ancora non si vede all’orizzonte, la risposta di Donald Trump è questa: è tutta colpa di Biden se l’America si è rotta, io sto riattaccando i cocci. E ci sto riuscendo magnificamente, solo che ancora non ve ne siete accorti a dovere.
Resta ora da capire se gli elettori gli crederanno, oppure alle elezioni midterm del prossimo anno daranno un colpo di piccone alla sua presidenza. In democrazia, per chi governa esistono sempre due piani: la realtà e la percezione della realtà. I leader vogliono cambiare la realtà come hanno promesso e come pensano faccia bene alle persone e al paese. Ma hanno bisogno anche che le persone se ne accorgano, che percepiscano il cambiamento, magari anche rapidamente, visto che si vota in continuazione: altrimenti viene a mancare il consenso, e senza di quello non è possibile cambiare la realtà. Entrambe le cose sono difficilissime.
La scorsa settimana il presidente americano Donald Trump ha rivolto un discorso alla nazione, trasmesso a reti unificate in prima serata. È il contesto con cui di solito si fanno comunicazioni importanti e urgenti, ma Trump lo ha usato per tentare di convincere gli americani che le cose vanno benissimo ma se sono scontenti per le condizioni dell’economia, la colpa è ancora di Biden è la nuova presidenza sta sistemando le cose.
Trump aveva preparato anche delle slide, ma l’unica tv che ha accettato di mandarle in onda è stata Fox News. Gli altri canali hanno trasmesso il discorso senza slide, per attutire quello che avevano previsto e che poi è effettivamente accaduto: Trump ha detto molte cose false, leggendo frettolosamente dal gobbo elettronico. Ha detto che l’inflazione è in calo, quando i dati la danno stabile intorno al 3 per cento, cioè dov’era alla fine dell’amministrazione Biden; ha detto che il costo dell’energia sta diminuendo, mentre in realtà sta aumentando; ha detto che stanno crescendo i posti di lavoro mentre il tasso di disoccupazione è arrivato al 4,6 per cento, il valore più alto degli ultimi quattro anni. Ha detto che l’industria va forte, ma il settore manifatturiero viene da sette mesi consecutivi di calo dell’attività.
Non è certo una novità che Trump dica bugie. La novità è il bisogno di ribadire, anche in modo un po’ frustrato e nervoso, come quando i giornalisti gli fanno domande senza filtri, e in un contesto così solenne, che l’economia sta andando meglio di quanto gli americani percepiscano e quindi, va da sé, gli americani non dovrebbero lamentarsi. L’economia americana non va male, l’inflazione è persino bassa considerato l’impatto dei dazi, i mercati finanziari crescono. Ma la crescita è concentrata in alcuni settori e il mercato del lavoro si è fermato.
Una cosa è sicura: avere un presidente che non ha una percezione esatta del confine fra le sue affermazioni e la realtà non è una buona notizia per gli americani.
Tiziano Conti














