Ci sono fatti nella vita che non si dimenticano, soprattutto se ci toccano intimamente come nel caso della perdita di un genitore quando si è ancora bambini. Oggi è frequente in caso di separazione.
La storia di Teresina
Teresina, 87 anni, rimase orfana a 5, nel 1943. Nacque a Fossolo in una famiglia di contadini. Poi venne la guerra. Venne anche il 1944 con il passaggio del fronte che in inverno vide i contendenti fermarsi. Tedeschi oltre il Senio, alleati al di qua del Lamone. Oggi Teresina si è fatta grande, ma ricorda perfettamente quel giorno in cui a scuola le chiesero di preparare un biglietto per fare gli auguri di Natale al papà. Altri due bambini erano orfani come lei, ma come tutti gli altri si misero al lavoro. E poi via verso casa. La tavola era pronta per il pranzo e sapeva che tutti i suoi compagni avrebbero messo il biglietto sotto al piatto del babbo. E nel momento in cui questi l’avesse girato in alto per ricevere la minestra, si sarebbe accorto degli auguri. Ma quel piatto, sulla sua tavola, non c’era. In dialetto chiese alla mamma dove metterlo e la scelta cadde su uno zio, l’azdor, quello che aveva preso il posto di suo babbo Pirì a sbrigare gli affari di casa.
La morte del babbo
Il babbo era rimasto vittima di una disgrazia nel 1943. Nel cortile c’era bisogno di spostare una cassetta vicino a un pero, disse forte la nonna di Teresina entrando in casa, e Pirì andò subito. Come toccò la cassetta, ci fu un boato. Tutti accorsero per vedere l’accaduto. Il babbo di Teresina era finito in mille pezzi. Il muro della casa era rosso del suo sangue, colpito da tante schegge. Le donne presero i bambini e si affrettarono a portarli dai vicini; gli uomini si misero a raccogliere i pezzi di quella tragedia. Messi in una cassettina furono portati al cimitero di Fossolo. Pian piano la vita riprese, mentre la guerra continuava. «Oggi mi avrebbero portato dallo psicologo, – dice Teresina – allora io reagii per lungo tempo mangiando solo latte e pane grattugiato. Ero magrissima». Teresina non si è potuta dimenticare nemmeno di quel giorno in cui era andata a comprare il biglietto di auguri. Tornando a casa, dove oggi ci sono i capannoni dell’ex Mercatone, fu colpita da una piccola scheggia di una mina. Una gran paura e poco più. Poco lontano, uno sminatore di origini slave aveva fatto la fine del suo babbo.
”Pippo” e i carri armati
Altro ricordo indelebile quello di “Pippo”. Così veniva apostrofato l’aereo alleato da ricognizione. Quando lo si sentiva era una corsa a spegnere le luci per non dare riferimenti. «Era ancora in vita il dottor Baccarini – dice Teresina – e insieme avemmo la sensazione di udire il rumore di Pippo. Ma in questo caso si trattava di un medico da lui conosciuto che aveva la passione del volo». Motivo per cui oggi non ha voglia di guardare in tv i servizi su stragi e guerre . Della guerra “in casa” ricorda un carro armato parcheggiato in cortile. Ma anche il gusto del té preparato dai soldati canadesi e la loro cioccolata. Ma ricorda anche che, passato il fronte, andando a Cotignola non c’era casa che non fosse distrutta o colpita. «Di politica non me ne intendo – dice Teresina – ma si può discutere a tavola senza far scoppiare bombe? Il ricordo del mio babbo è che era un uomo buono, buonissimo, aiutava tutti. Fra i suoi amici ce n’è uno morto di recente a quasi cento anni. Quando lo incontravo lo abbracciavo sempre, perché avevo la sensazione di abbracciare il mio babbo». Lei era bambina, due anni in più del fratello Stefano, e dopo aver vissuto quei tempi non può che dire che per un bambino la separazione dei genitori, come la morte di uno dei due è un dramma per i piccoli. «Pensa cosa mi è mancato!» Prima sarta per diversi anni, ha poi lavorato nel mondo della scuola, iniziando a Longastrino, sul confine ferrarese. «Dovevo morire appena nata, dice Teresina. Oggi mi avrebbero messa in incubatrice, mentre allora mia madre mi mise in un paniere con della paglia, al caldo nella stalla». Oggi organizza serate per far compagnia al fratello che ha la cognata inferma da 27 anni. Di giorno, alla sua bella età, trova ancora modo di prendersi cura della chietina del cimitero comunale. Tiene in ordine i cerini votivi e le piante.
Giulio Donati














