Pochi giorni prima di Natale, il vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso, ha compiuto una visita alla clinica San Pier Damiano di Faenza, celebrando la santa messa e incontrando i malati, il personale sanitario e i volontari. Una presenza intensa, centrata sulla riflessione del mistero dell’Incarnazione e sulla dignità di ogni persona, in particolare di chi soffre e si trova nella fragilità della malattia. Nell’omelia, il vescovo ha invitato tutti a meditare con profondità il significato concreto dell’Incarnazione di Cristo, richiamando parole tratte dall’esortazione apostolica Dilexi te. «Non è sufficiente limitarsi a enunciare in modo generale la dottrina dell’incarnazione di Dio», ha detto, perché per comprenderla davvero «bisogna specificare che il Signore si fa carne che ha fame, che ha sete, che è malata, carcerata» — e ciò ci chiama a uno sguardo di amore verso il prossimo, soprattutto il più debole.

Monsignor Toso ha sottolineato che l’Incarnazione non è un concetto astratto ma una realtà da vivere nel quotidiano: in particolare, nei rapporti di cura e di relazione con gli ammalati. «Per chi crede, e lavora nelle varie strutture ospedaliere, diventa un tratto distintivo della sua professionalità operare per le persone ammalate, riconoscendo in loro Cristo stesso. […] Il cristiano non considera l’ammalato solo dal punto di vista medico, ma lo considera anche primariamente dal punto di vista della sua appartenenza a Cristo». “Lo considera come un suo ‘familiare’ nella fede – ha aggiunto -, uno della sua famiglia, quella cristiana. Non lo considera solo dal punto di vista umano, un fratello nell’umanità. Lo considera fratello nell’umanità e, in particolare, fratello o sorella in Cristo!”.

Nel passaggio più profondo del suo intervento, il vescovo ha esortato a non ridurre il mistero dell’Incarnazione a una formula vaga o a un evento da celebrare soltanto nel periodo natalizio. «Viviamo, dunque, l’Incarnazione non in maniera vaga, folkloristica – solo a livello consumistico –, bensì in modo autentico, reale. Viviamo il realismo dell’amore di Cristo che si è fatto piccolo, prossimo nel povero, servo nell’amore a Dio».

Monsignor Toso ha richiamato l’attenzione sui lavoratori della salute, riconoscendo in loro un ruolo che va oltre la mera professionalità: «Chi si china sulla persona ammalata per curarla si china verso la carne di Cristo». Questa visione richiama la missione stessa di chi si dedica all’assistenza e alla cura — medici, infermieri, operatori, volontari — come un atto di amore incarnato nel servizio al prossimo.

Rivolgendo gli auguri di Natale alla comunità della clinica, il vescovo ha sottolineato come questo momento liturgico esprima in modo più autentico la vicinanza di Dio all’umanità: il Figlio di Dio, nato da Maria, prende su di sé la nostra fragilità perché ogni uomo e ogni donna possano riconoscere nella cura degli altri un segno dell’amore di Cristo.

L’omelia si è conclusa con un invito a non lasciare che il mistero dell’Incarnazione diventi un concetto vuoto o folklore natalizio, ma a viverlo come una guida per dare valore alla dignità di ogni persona, rispettando «la libertà del degente» e promuovendo il suo «bene-essere integrale». “In quest’ottica – ha specificato – non è condivisibile l’accanimento terapeutico. Nel caso di mali incurabili vanno potenziate, il più possibile, le cure palliative, anche a casa dei pazienti”.

La visita del vescovo alla clinica San Pier Damiano si inserisce nell’ambito della sua presenza pastorale sul territorio e nella cura particolare verso chi soffre, soprattutto in vista delle celebrazioni natalizie e dell’Anno Santo, momento di grazia per la Chiesa diocesana.