In via San Martino a Faenza, alla confluenza tra Lamone e Marzeno, l’alluvione non è solo un ricordo. È una presenza costante, che segna le case, i cortili e soprattutto le vite di chi ci abita. Qui vive Novella Laghi, insieme alla madre, al secondo piano di un grande complesso condominiale più volte colpito dall’acqua a partire dal maggio 2023. Attorno, i segni sono ancora evidenti: garage distrutti, cancelli in ferro piegati dalla forza della piena, sponde erose, silenzi che raccontano il piano terra delle abitazioni abbandonate. «La prima alluvione l’abbiamo presa quasi increduli, una cosa mai vista. La seconda, il 16 maggio 2023, è stata devastante», racconta. L’acqua ha sommerso i garage, sfondato parti del tetto, portato via terra e strutture. «Per fortuna il mio appartamento è al secondo piano, ma sotto è stato un disastro».
Dopo mesi di lavori fatti a proprie spese per rimettere in ordine l’area, a settembre 2024 arriva una terza alluvione. «Il Marzeno non ha trovato sfogo nel Lamone. L’acqua è tornata indietro, come un rinculo. Ci ha buttato giù garage, porte, terreno. È stato terrificante, ancor più dopo tutto l’impegno che ci abbiamo messo per cercare di tornare alla normalità». La paura torna a ogni allerta. «Il 14 marzo 2025 me lo ricordo benissimo. Allerta rossa, scuole chiuse, strade bloccate. Al termine del lavoro, sono tornata a casa a piedi sotto la pioggia. L’acqua è entrata nel cortile, fino alle caviglie. In tutto questo, tre macchine perse in due anni».
Alla confluenza tra Lamone e Marzeno, “abbiamo ancora tanta paura”

A rendere tutto più difficile è il limbo in cui si trovano lei e altri residenti. «A giugno scorso, all’incontro con la Regione all’Arena Borghesi, si è parlato di delocalizzazioni. Da allora ci siamo fermati con le attività in corso nelle nostre abitazioni: non sai se puoi fare lavori o se tanto dovrai andartene». Poi la doccia fredda: «Alla fine ci hanno detto che in via San Martino la delocalizzazione non è prevista, salvo casi particolari».
E la sicurezza? Tanti gli interventi messi in atto e tanti altri in arrivo con il nuovo Piano dell’Autorità del Bacino. «Qui no – risponde però con amarezza Novella -. Il Marzeno non rientra nei piani principali perché è considerato “torrente” e ricade in un Regio Decreto del 1904: in pratica l’argine dovrebbero mantenerlo i residenti. Ma io pago le tasse come tutti. Non chiedo privilegi, chiedo di essere trattata come gli altri». Anche il sindaco Massimo Isola, nei mesi scorsi, ha sottolineato l’assurdità di questa legislazione che si rifà a uno scenario di più di 120 anni fa.
La sensazione, in via San Martino, è quella di essere invisibili. «Non siamo campagna, non siamo città. Delocalizzare non ci delocalizzano, difendere non ci difendono. Restiamo qui, con la paura addosso. Io non dormo più tranquilla», conclude Novella. «Posso davvero vivere aspettando la prossima piena? Siamo persone, non numeri su una mappa».















