Nei giorni scorsi ha fatto scalpore il documento firmato da Donald Trump sulla nuova National Security Strategy (NSS) americana, che presenta una nuova visione ideologica della realtà internazionale, secondo il pensiero della Casa Bianca. In particolare, minimizza la minaccia delle autocrazie, esagera il declino europeo e propone un ritorno a dottrine del passato (presidente James Monroe nel 1823: la politica estera Usa stabiliva il principio “L’America agli americani”) che non rispecchiano il contesto odierno.
Un nuovo documento, questa volta riservato, rivelato da Defense One – una delle principali testate statunitensi in materia di sicurezza e difesa con sede a Washington – getta una luce ancora più inquietante. Il testo non si limita a svilupparne le linee guida ufficiali, ma le rende più esplicite e più operative. Oltre a sancire la fine dell’alleanza atlantica e a delineare l’ambizione di rimodellare l’Europa – elementi già presenti nella NSS che ha già sollevato un polverone in tutta Europa – l’ulteriore documento americano individua i paesi ritenuti più permeabili e strategicamente utili per realizzare questo riassetto. Tra di essi figura l’Italia, considerata una leva chiave per indebolire dall’interno il processo di integrazione europea.
Anziché affrontare questioni di sicurezza, il documento descrive una missione di trasformazione politica del continente. Mentre la versione pubblica della NSS tratteggia un progetto di ridefinizione dell’identità europea, per “correggere” la traiettoria politica delle nazioni del continente e favorire l’ascesa dei “partiti patriottici”, la versione riservata rivelata da Defense One sembra teorizzare più esplicitamente l’insediamento di governi allineati alla visione dell’amministrazione Trump-Vance.
Negli stessi giorni, Romano Prodi ha ricevuto il Premio Ispi 2025, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale con sede a Milano, come riconoscimento al suo impegno per la crescita del progetto comunitario e il rafforzamento del ruolo dell’Italia in Europa. Nel suo intervento non ha usato mezzi termini: Donald Trump “odia l’Europa perché è un impedimento a un disegno politico nuovo per gli Stati Uniti”. Quello che l’ex presidente del Consiglio ha tenuto è un discorso a metà tra l’appello e il mea culpa nei confronti di un Continente, quello europeo, che “ha finito di odiare” se stesso. “I recenti avvenimenti fanno capire che la nostra debolezza rende facile il compito di un presidente che sta voltando le spalle alla storia del suo stesso Paese, odia la democrazia e vede il futuro del mondo in un rapporto diretto tra oligarchi o dittatori, o chiamateli poteri assoluti”.
L’Europa che – davanti all’aggressività trumpiana e alle nuove sensibilità strategiche d’oltreoceano – ha diverse responsabilità: “La strada della nostra decadenza l’abbiamo preparata noi, con le nostre incomprensioni di quello che stava accadendo al mondo e le decisioni prese al nostro interno sulla difesa assurda, ma ferma, dell’unanimità”. Prodi ha concluso con l’appello a ricostruire un’unità di azione forte tra Francia e Germania, diversamente il destino dell’Europa è segnato. Con un invito finale al grande potenziale dell’Europa, che ha alle spalle la grande esperienza di avere unito tanti Paesi che si erano odiati tra loro da sempre.
Il compito storico dell’Unione Europea è quello di portare ancora la fiaccola di un futuro che rispetta diritti e democrazia. Guardando cosa succede oggi nel mondo, sembra che siamo ritornati ai tempi dell’appello di Adenauer, De Gasperi e Schuman per ridare dignità al nostro continente, quando era poco più che macerie e dolore.
Tiziano Conti
Foto Wikipedia di Cezary p













