Il fotografo faentino Isacco Emiliani ha fatto della natura il cuore pulsante della sua arte. Nato nel 1991 e cresciuto in campagna, ha scoperto la fotografia durante gli studi in grafica pubblicitaria: “Mi ci sono subito buttato subito”, racconta. Il primo scatto lo fece con una vecchia macchina fotografica regalatagli dal nonno, e da allora non ha più smesso. Dopo aver esplorato a lungo il territorio tosco-romagnolo, Emiliani ha dato vita a “Ottantuno”, un progetto fotografico durato sette anni, nato dalle storie del nonno sugli alberi secolari. “Passammo notti intere a fotografare alberi”, ricorda. Il libro, pubblicato nel 2022 in sole 501 copie, è stato realizzato in collaborazione con le Foreste Casentinesi che ha ricevuto svariati riconoscimenti e partecipazioni a mostre internazionali.
Parallelamente, nel 2016 nasce Arctic, un progetto ambizioso e ancora in corso, che racconta le regioni artiche attraverso una serie raccolte di fotografiche autoprodotte. “Cercavo una natura che si esprimesse con tutta la sua forza” spiega Emiliani. “Le mie spedizioni mi hanno portato nelle coste nord-ovest della Finlandia dove lì nacque White Finland, poi in Norvegia con Prehistoric Norway, proseguendo con Native Alaska, le isole Svalbard e No Mans land svalbard, e infine in Groenlandia con Lost in Grønland, dove sono poi tornato nel 2023 con 3B Meteo col progetto missione Groenlandia. Fu una collaborazione più che fruttuosa”. continua.
Il suo ultimo progetto è Lost in Grønland

La collezione si distingue per la sua forma: il volume finale è pensato come un iceberg, con ogni progetto come una parte di esso, e stampate 168 copie, numero simbolico che richiama le dimensioni dell’iceberg più grande mai trovato. Le immagini, sono potenti e poetiche, raccontano la bellezza e la fragilità dell’Artico, ma anche la resilienza delle popolazioni indigene. Durante la sua ultima missione in Groenlandia, Emiliani si è trovato bloccato a Upernavik, una piccola isola della costa. “Mi sono perso, non sono riuscito a raggiungere il villaggio dove avevo contatti. Ho dovuto bussare alle porte degli abitanti, che parlavano una lingua indigena considerata perduta. Così lì ho dovuto e voluto ricostruire il progetto “lost in Grønland” da zero, è stato molto stimolante e affascinante.”
“Quello che mi ha colpito di più è il legame profondo che questi popoli hanno con la loro terra. La conoscono infinitamente meglio di noi”

Il cambiamento climatico è un tema centrale nel suo lavoro: “Ad aprile il ghiaccio si stava già rompendo, di solito succede a giugno. Le popolazioni locali lì lo sanno benissimo e come possono si adeguano ma loro più di noi lo vivono sulla loro pelle. L’Alaska è una delle zone che sta subendo maggiormente i cambiamenti climatici. Ho visto tanti orsi polari, il loro annegamento è purtroppo molto più frequente negli ultimi anni, dato la fragilità e la poca resistenza del ghiaccio, soprattutto il permafrost che sta venendo eroso dalla forza del mare.”
Del suo lavoro fotografico ha creato un breve video, realizzato per una call to action che è stato selezionato per il padiglione delle criosfere alla Cop30, dove Emiliani ha potuto raccontare la sua esperienza. “È stato inaspettato. Ho avuto l’occasione di dire la mia e instaurare rapporti con chi lavora concretamente per salvare questi luoghi”. Nel 2023 è stato selezionato anche per il Belfast Photo Festival e la PH21 Gallery, confermando la forza comunicativa del progetto. “Quello che mi ha colpito di più” conclude Emiliani, “è il legame profondo che questi popoli hanno con la loro terra. La conoscono infinitamente meglio di noi. Dovremmo ascoltarli di più, se vogliamo davvero capire come salvare il pianeta.”
Jacopo Cavina














