Di seguito, riportiamo l’omelia pronunciata dal vescovo, monsignor Mario Toso, in occasione della messa a conclusione dell’anno giubilare in Diocesi.

L’omelia del vescovo

Cari fratelli e sorelle, presbiteri e diaconi, siamo giunti alla conclusione dell’Anno santo, il cui Giubileo ci ha sollecitati ad essere pellegrini di speranza sulle strade di questo mondo, segnato da eventi che sembrano essere senza sbocco.

Molti di noi hanno potuto sperimentare la gioia del cammino giubilare a Roma nel mese di marzo, assieme alle altre Diocesi della Romagna o in altri momenti organizzati dalla propria parrocchia. Altri hanno risposto all’invito giubilare partecipando ai pellegrinaggi dei Vicariati in questa Cattedrale, segno dell’unità della nostra Chiesa diocesana. Altri ancora sono stati pellegrini di speranza nella quotidianità umile e nascosta, nella dedizione al proprio lavoro, nella visita agli anziani, agli ammalati, alle persone sole, nel servizio alla Chiesa e ai poveri.

In quest’anno la grazia del Signore si è riversata nei nostri cuori in maniera copiosa. Volgendo indietro il nostro sguardo non possiamo che riconoscere che il Signore non abbandona mai la sua Chiesa. Lungo il cammino della storia la guida con il suo Santo Spirito.

L’anno santo è stato segnato dalla morte di papa Francesco e dall’inizio del ministero di papa Leone XIV. Dopo pochi mesi, il Santo Padre ci ha donato l’Esortazione apostolica Dilexi te, sulla centralità dell’amore ai poveri. Con essa ha raccolto e proseguito il magistero profetico inaugurato da papa Francesco con l’Evangelii gaudium. È stato un anno segnato dalla costante richiesta di pace, a motivo della terza guerra mondiale a pezzi. In questo contesto non possiamo non ricordare le prime parole del papa appena eletto, che sono il saluto del Risorto nel giorno di Pasqua: «Pace a voi» (Gv20, 19.21). Con ciò Leone XIV ha fatto riferimento alla pace del Cristo Risorto: «una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante». Pace che proviene da Dio, «che ci ama tutti incondizionatamente». Un tale appello è fatto risuonare di nuovo da papa Leone nel suo Messaggio per la LIX Giornata di preghiera per la pace del 1° gennaio 2026. Dobbiamo farlo nostro. In che senso? «Prima di essere una meta, la pace – ci spiega il pontefice – è una presenza e un cammino. Seppure contrastata, sia dentro sia fuori di noi, come una piccola fiamma minacciata dalla tempesta, custodiamola senza dimenticare i nomi e le storie di chi ce l’ha testimoniata. È un principio che guida e determina le nostre scelte».

Mentre concludiamo l’esperienza giubilare, non dobbiamo dimenticare che la speranza non è una virtù che possiamo archiviare con questo Anno santo. La fede, la carità e la speranza sono la linfa della vita cristiana, sono le virtù che sono donate a ogni battezzato per vivere in Cristo e nella Chiesa, per costruire il Regno di Dio. Soprattutto nel nostro tempo, segnato da conflitti e divisioni, da individualismo e frammentarietà, abbiamo bisogno di cristiani innamorati del Signore, che sappiano alzare lo sguardo. E, nello stesso tempo, sappiano riconoscere nella realtà la presenza dello Spirito che vuole ricapitolare in Cristo tutte le cose con la nostra collaborazione quotidiana.

La Santa Famiglia è un esempio eloquente di questa ricapitolazione, ossia del nostro vivere assieme a Cristo, a cominciare dalla vita di tutti i giorni. Ha accolto il suo disegno di salvezza vivendolo anche nel momento drammatico della morte in croce del Figlio di Dio. Questo è il senso del cammino sinodale che ci attende: vivere il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio in tutta la sua ampiezza e profondità; imparare a discernere cosa lo Spirito chiede alla Chiesa per annunciare, celebrare e vivere il Vangelo in una società sempre più scristianizzata.

Missione e comunione: ecco i due dinamismi propri della Chiesa, chiamata a una nuova evangelizzazione, alla fine di una cristianità. Si tratta di impiantare e far germogliare il seme del cristianesimo nei nuovi tornanti della storia. «La Chiesa – ha detto il Santo Padre alla Curia romana – è per sua natura estroversa, rivolta verso il mondo, missionaria. Essa ha ricevuto da Cristo il dono dello Spirito per portare a tutti la buona notizia dell’amore di Dio. […] Nella vita della Chiesa la missione è strettamente congiunta alla comunione. Il mistero del Natale, infatti, mentre celebra la missione del Figlio di Dio in mezzo a noi, ne contempla anche il fine: Dio ha riconciliato a sé il mondo per mezzo di Cristo (cf 2Cor 5,19) […], perché potessimo diventare tutti suoi figli e quindi fratelli e sorelle tra di noi. L’amore del Padre, che Gesù incarna e manifesta nei suoi gesti […], ci rende capaci, nello Spirito Santo, di essere segno di una nuova umanità, non più fondata sulla logica dell’egoismo e dell’individualismo, ma sull’amore vicendevole e sulla solidarietà reciproca» (Leone XIV, Auguri alla Curia, 22 dicembre 2025).

Cari fratelli e sorelle, Gesù Cristo, il bambino che contempliamo nella culla di Betlemme, è «l’unica vera speranza che supera ogni umana attesa e rischiara gli infiniti secoli» (Prefazio Messa giubilare): ci aiuti il Signore a orientare la nostra vita a Lui e a sperare contro ogni speranza nella sua presenza redentrice. È Lui che ci chiama e che ci invia, perché ogni uomo possa entrare in comunione con Lui, fonte dell’amore vero e della gioia piena.

Mario Toso, vescovo